Rifiuti in fiamme, la pista del raid
per incenerire i veleni campani

Rifiuti in fiamme, la pista del raid per incenerire i veleni campani
di Marilù Musto
Domenica 4 Novembre 2018, 08:00 - Ultimo agg. 16:24
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Prendere in prestito una modalità tipica della camorra e farla propria. Applicarla alla tematica ambientale. Il fuoco cancella le prove di un delitto. Ma il fuoco può anche distruggere i rifiuti pericolosi che nei centri di trattamento non devono e non possono entrare. Devono aver pensato questo i «signori del fuoco» che hanno adottato una strategia camorristica sul fronte dello smaltimento. Ridurre in cenere i rifiuti speciali e pericolosi può essere un'idea, perché non provarci? E così, potrebbe essere questa la nuova chiave per aprire la porta a una lettura diversa del movente che si nasconde dietro agli incendi negli impianti di trattamento dei rifiuti.
 
Se così fosse, si tratterebbe di un'oscura rivalsa delle società che gestiscono il ciclo integrato dei rifiuti in Campania, schiacciate dai controlli e dall'attenzione sul sistema di smaltimento. E potrebbe esserci questo alla base dell'incendio nel reparto di pre-raffinazione dello Stir di Santa Maria Capua Vetere, giovedì scorso. Si è chiuso dopo oltre trentasei ore, con il rientro di uomini e mezzi in caserma, l'intervento dei vigili del fuoco di Caserta allo Stir. In fiamme circa 7mila metri cubi di rifiuti, di tipo indifferenziato, che erano destinati al termovalorizzatore di Acerra. Si tratta di un incendio che segue quello di Casalduni in provincia di Benevento, ad agosto. Dopo il disastro di Casalduni, infatti, ben 37 Comuni del beneventano hanno conferito l'indifferenziato a Santa Maria. È pura coincidenza? Se lo chiedono anche in Procura, dove i magistrati prendono in considerazione la strada del fuoco che «lava» ed elimina le prove. Ipotesi. Che però non esclude le altre, come quella della «pressione» di alcuni dipendenti dell'ex Consorzio sulla Gesia, la società provinciale che gestisce i rifiuti a Caserta. Oppure l'ipotetico ricatto delle nuove imprese che bussano alla porta della Regione per ottenere l'apertura dei nuovi siti di trattamento. Queste ultime, pur ricevendo il via libera da Palazzo Santa Lucia, subiscono poi le barricate dai residenti nei Comuni interessati. Uno fra tutti, è l'impianto che sta per sorgere nel bene confiscato al clan dei Casalesi (l'ex zuccherificio Kerò) a Pignataro Maggiore. Dalla famiglia Passarelli al riciclo di scarti organici il passo è breve.

Su tutto, regna l'indagine dell'ufficio inquirente di Santa Maria Capua Vetere che riesce magistralmente a trasformare in sette ipotesi di reato l'evento dell'incendio allo Stir di Santa Maria. «Abbiamo i filmati nelle nostre mani, ma per ora non ci sbilanciamo. Dico soltanto che stiamo lavorando», spiega il procuratore Maria Antonietta Troncone. «Quello che è accaduto allo Stir è un fatto gravissimo ha commentato Giorgio Magliocca, presidente della Provincia di Caserta - giovedì, considerata la chiusura dell'impianto avevamo rafforzato il servizio di sorveglianza con sopralluoghi ogni venti minuti. In altre circostanze ha concluso Magliocca oggi avremmo avuto un impianto inutilizzabile e file interminabili di camion saturi impossibilitati a scaricare. E le città con i rifiuti in strada. Cosa che non è accaduta».

Ad alimentare ancora i sospetti del dolo, è la comunicazione del presidente Magliocca inviata due giorni prima agli uffici della Provincia: si chiedeva di procedere con l'aggiornamento del Ptcp (il Piano territoriale di coordinamento provinciale) nel punto in cui vengono individuati i siti non idonei ad accogliere nuove strutture per il riciclo della spazzatura. Si chiedeva, in particolare, alla Regione di sospendere tutti gli iter autorizzativi dei nuovi impianti per sei mesi. Che qualcuno volesse incendiare lo Stir per costringere la Provincia a ritirare la richiesta sospensiva e a invocare subito la costruzione di un nuovo impianto?

Ciò che è certo, è che qualcuno interno al sistema dello Stir ha lasciato cadere un involucro con fiamma a lenta combustione. Un involucro gettato in un camion che ha poi scaricato nel capannone della tritovagliatura. «I danni per fortuna non sono ingenti si affretta a spiegare il direttore del sito, Rosario Balzano e la produzione non ne risentirà perché l'impianto non è stato intaccato. Siamo sereni». Intanto, s'indaga anche a santa Maria a Vico, dove i camion sono andati a fuoco dopo la visita a Caserta del ministro Sergio Costa.
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