Rifiuti in fiamme, l'ombra dei clan:
sei incendi e quattro inchieste

Rifiuti in fiamme, l'ombra dei clan: sei incendi e quattro inchieste
di Gigi Di Fiore
Sabato 3 Novembre 2018, 11:00 - Ultimo agg. 13:31
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Un lungo elenco di incendi che, in Campania, hanno coinvolto impianti Stir e aziende di smaltimento rifiuti. Battipaglia, Casalduni, San Vitaliano, Caivano, Marcianise, Santa Maria Capua Vetere sono le sei zone teatro di vicende pericolose per l'ambiente e la salute. Quattro Procure in azione, per altrettanti fascicoli. Fino ad ora, pur seguendo e acquisendo informazioni sugli incendi, la Dda napoletana non ha avviato alcuna inchiesta.

È la Procura di Napoli nord, guidata dal procuratore Francesco Greco, ad essere più avanti nella sua inchiesta. Sotto esame l'incendio allo Stir dell'azienda Di Gennaro a Caivano, che smistava carta e plastica ai consorzi del riciclaggio. La Procura ha eseguito perquisizioni e ci sono alcuni indagati. Tra questi, il titolare dell'azienda cui nel 2017 era stato contestato di avere accumulato nell'impianto balle di scarti di rifiuti da rimuovere. L'ipotesi d'accusa, per ora, è non aver osservato le norme di sicurezza.

Sugli incendi a Marcianise e Santa Maria Capua Vetere, lavora la Procura sammaritana guidata dal procuratore Maria Antonietta Troncone. Su quanto accaduto invece all'impianto di San Vitaliano, c'è un fascicolo della Procura di Nola guidata da Anna Maria Lucchetta, mentre sullo Stir di Casalduni in fiamme ad agosto indaga la Procura di Benevento, guidata da Aldo Policastro, che sette giorni fa ha dissequestrato l'impianto.

Per il momento, non esistono elementi che confermino l'esistenza di legami ed un sola mano tra i sei episodi. Nella riunione tra inquirenti, tenuta alla Prefettura di Napoli, c'era il procuratore capo napoletano Gianni Melillo con il procuratore Greco e il procuratore Anna Maria Lucchetta. Non esiste una pista su coinvolgimenti di gruppi di camorra. L'elemento iniziale delle inchieste in corso è la coincidenza degli incendi in impianti con accumulo di rifiuti da smaltire, spesso dopo controlli amministrativi e giudiziari. Di certo, la Campania non è la sola a vivere questo preoccupante fenomeno. Negli ultimi tre anni, ci sono stati 261 incendi in impianti di smaltimento rifiuti. Di questi, ben 124 in regioni del nord, che significa il 47,5 per cento del totale. Il 20 per cento del totale degli incendi sono stati dolosi.
 
Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, invoca l'intervento dell'autorità giudiziaria, che pure è già al lavoro. E va oltre, avanzando ipotesi: «Credo ci sia una regia delinquenziale, non riesco a leggere diversamente questi episodi. Non può essere certo autocombustione. Ci sono gruppi di delinquenti che vogliono tenere la situazione dei rifiuti come è stata per decenni».

Tra le piste seguite dagli inquirenti, c'è la crescente difficoltà a smaltire e affidare ai consorzi specializzati i rifiuti della differenziata. Il vetro, la carta e la plastica hanno bisogno di una ripulitura per essere presi in carico dai consorzi privati specializzati. Plastica sporca, o vetro con residui organici non sono considerati di buona qualità e i consorzi non li accettano. Così, gli Stir accumulano rifiuti. Anche la Cina, tradizionale luogo di smaltimento di differenziata, ha adottato regole più rigorose e non accetta più materiale di scarsa qualità. È casuale che alcuni incendi si siano scatenati quando negli impianti c'erano consistenti quantitativi di rifiuti di vario tipo, difficili da smaltire? Nella riunione in Prefettura, il procuratore Melillo espresse preoccupazione per una situazione che rischia di portare al collasso il sistema rifiuti. Ma non c'è un fascicolo sull'eventuale coinvolgimento diretto di gruppi camorristici in questi episodi, su cui non ci sono elementi concreti. L'unica inchiesta recente che va in questa direzione è al nord e risale a un anno fa, quando la Dda di Brescia ottenne fece arrestare due imprenditori, considerati parte di «un'organizzazione criminale frutto di una joint venture tra aziende private e pubbliche». Secondo quell'inchiesta, 100mila tonnellate di ecoballe campane erano finite in Lombardia e Piemonte. Di Bergamo, Brescia e Lecco gli impianti e gli imprenditori coinvolti nel traffico illecito di rifiuti, in arrivo anche da Roma e La Spezia. La Lombardia sotto i riflettori, con l'incendio clamoroso a Corteolona, in un deposito abusivo di rifiuti. Secondo la relazione della commissione bilaterale sul ciclo dei rifiuti, «tra chi non ha le carte in regola il fuoco diventa più di una tentazione per occultare l'avvenuto traffico illecito». È questa l'ipotesi di partenza di molte inchieste. E avverte un investigatore: «Nel settore rifiuti, gli interessi sono grossi. Si possono accettare rifiuti non rispettando le regole e poi coprire tutto con un incendio. Ma sono solo ipotesi da verificare e provare».
 

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