Messe nere e suicidi, in aula
la genesi del caso don Barone

Messe nere e suicidi, in aula la genesi del caso don Barone
di Mary Liguori
Mercoledì 18 Luglio 2018, 07:00
3 Minuti di Lettura
Questa volta in aula c’erano solo gli addetti ai lavori e c’era, per la prima volta, anche don Michele Barone. È arrivato scortato dalla polizia, in abito talare, nell’aula 33 del palazzo di giustizia di Santa Maria Capua Vetere dove si sta dibattendo il processo per i presunti maltrattamenti su una minore e per abusi sessuali su due ventenni di cui Barone risponde in concorso, a vario titolo, con il commissario di polizia Luigi Schettino e con i genitori della 13enne. In aula, dunque, per la prima volta, il sacerdote che è detenuto a Vallo della Lucania dal febbraio scorso. Da ieri il processo è a porte chiuse. Ma questo non ha fermato la sorella monaca del sacerdote né le adepte del suo gruppo di preghiera che, ancora una volta, si sono presentate in tribunale, ma hanno dovuto attendere fuori dall’aula. L’udienza di ieri ha visto salire sul banco dei testimoni prima il tenente dei carabinieri Felice Izzo, poi la poliziotta Rosa Cimmino. Entrambi gli ufficiali di polizia giudiziaria sono stati chiamati a ricostruire, ciascuno per la propria parte, i segmenti della delicata indagine. Il carabiniere ha parlato della primissima fase delle indagini, che va dal 3 giugno al 4 agosto 2017. La poliziotta, invece, dei giorni che seguirono il servizio delle Iene che portò allo scoperto l’intera vicenda.
 
SUICIDI E BIMBO SPARITO
Il tenente Izzo ha parlato della delega a intercettare Barone. Dopo il suicidio di un ventenne a Maddaloni, Schettino, all’epoca a capo del commissariato. comunicò alla Procura dell’esistenza di una setta satanica e riferì che, durante un esorcismo, una ragazza aveva rivelato che dietro il suicidio e dietro la scomparsa del piccolo Pasqualino Porfidia, avvenuta a Marcianise nel 1990, c’erano le messe nere. A quel punto il poliziotto e un suo collaboratore si recarono sul castello di Maddaloni, dove a quanto pare si riuniva la setta, insieme alla ragazza (oggi tra le parti offese) che si riteneva essere indemoniata. Una volta nel palazzo diroccato, la giovane ebbe una crisi, ritenuta dallo stesso poliziotto una manifestazione demoniaca. L’episodio fu filmato. 

«INDAGINI IN RITARDO»
La poliziotta Rosa Cimmino è stata chiamata a ricostruire i passaggi della denuncia, inascoltata, che la sorella della tredicenne sporse a Chiaiano fino ai clamorosi arresti di febbraio. L’esposto che la ragazza presentò a Chiaiano fu acquisito a Caserta solo dopo la trasmissione delle Iene, ovvero il 15 febbraio scorso. Sia il carabiniere che la poliziotta sono stati interrogati dalla pubblica accusa, pm Alessandro Di Vico e Daniela Pannone, e dalla difesa, avvocati Carlo De Stavola, Carlo Taormina e Giuseppe Stellato.

IL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO: «NON CONOSCIAMO BARONE»
L’associazione «Rinnovamento nello Spirito Santo» affida a una nota una netta presa di distanza da Michele Barone e dall’inchiesta che lo riguarda. A margine della vicenda giudiziaria sono infatti entrati alcuni gruppi di preghiera carismatici che operano in provincia di Napoli e di Caserta che però sono entità diverse dal «Rinnovamento nello Spirito» che opera secondo gli statuti approvati dalla Cei. «Michele Barone non fa parte del “Rinnovamento nello Spirito Santo” e non ha mai svolto alcuna attività per nostro conto - si legge nella nota di chiarimento del Gruppo presente in tutta Italia e presieduto da Salvatore Martinez - I gruppi campani del “Rinnovamento nello Spirito Santo” sono coordinati da Lorenzo Trito e non hanno nulla a che fare con altri gruppi carismatici ai quali veniamo spesso impropriamente associati con evidente danno di immagine. Infine, il “Rinnovamento nello Spirito” non ha mai organizzato o preso parte a eventi o iniziative direttamente o indirettamente collegati a Medjugorje o ad altri santuari mariani che non siano Loreto o Pompei».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA