Maddaloni, messa in sicurezza
per l'ex discarica di Cava Monti

Maddaloni, messa in sicurezza per l'ex discarica di Cava Monti
di Giuseppe Mirettto
Martedì 8 Gennaio 2019, 10:47
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È l'anno dello smantellamento dei «cimiteri dei veleni». Si completa la convenzione tra Comune di Maddaloni  (ente attuatore) e Arpac. In pratica, si mette fine all'emergenza delle «esalazioni di idrocarburi aromatici in atmosfera». Dopo il finanziamento regionale pari a 15 milioni di euro e l'avvio della caratterizzazione fisico-chimica dell'invaso dell'ex Cava Monti (contenente circa 300 mila tonnellate di rifiuti speciali, secondo i consulenti della Procura della Repubblica di S. Maria C.V.) c'è anche l'atto formale finale: l'Arpac sovrintenderà a tutte le operazioni propedeutiche alla «messa in sicurezza del sito».
 
L'agenzia regionale già aveva raccomandato la recinzione del sito sotto sequestro. Il prossimo passo è lo «spegnimento delle fumarole». Le esalazioni caustiche di vapori di benzene, toluene, xilene in atmosfera (dati Arpac) non solo non sono diminuite, ma dai rilievi e report settimanali dell'Ufficio ecologia del comune di Maddaloni, le emissioni in atmosfera continuano costanti e abbondanti. Cose molto concrete. L'Ufficio tecnico comunale, accogliendo tutte le raccomandazione dell'Arpac, vuole garanzie precise sulla natura dell'intervento di inertizzazione, la sua potenziale interferenza con le falde freatiche; sul rilevamento e censimento dei rischi.
«Meglio tardi che mai commenta Giancarlo Liccardo, tecnico ambientale- perché sono sette anni che si aspettano interventi risolutivi. Il fatto nuovo è che stiamo in una fase operativa e che è finito il rimpallo delle responsabilità tra enti nonostante che sul caso si sia espressa anche la XIII commissione del Senato raccomandando interventi risolutivi, celeri e pratici».

Per il Comune non c'è pace: per un contenzioso vecchio di 30 anni che si chiude se ne apre un altro con i dipendenti. Hanno deciso di portare in tribunale e di non restituire i 60 mila euro (pari a 420 euro pro capite) chiesti dal Ministero dell'Economia e Finanza (Mef) e dal Comune. Tutti i 134 dipendenti comunali e qualche ex dipendente appena pensionato si sono rivolti a un legale. Contestano la legittimità del recupero coatto delle indennità (relative al rischio di utilizzo di videoterminali) rilevando che l'importo del presunto indebito non è stato contabilizzato correttamente. «Per consolidata giurisprudenza scrive e contesta Donato Proto un ex dipendente pensionato, fondatore del Salcom (sindacato autonomo dei lavoratori del comune di Maddaloni)- l'importo che si sostiene indebito deve essere richiesto al netto di ritenute previdenziali, assistenziali ed erariali».

Tanto basterebbe per annullare la procedura per evidente illegittimità dell'azione coattiva. E poi i dipendenti si ritengono parte lesa: «L'indennità di disagio per l'utilizzo di videoterminali è stata definita in delegazione trattante con la parte pubblica e ratificata con delibera di Giunta». Insomma, i pagamenti furono debitamente autorizzati. Pertanto le somme dovranno essere restituite dai funzionari, dalla segretaria comunali e dagli amministratori che hanno legittimato i pagamenti. Il mancato rispetto del patto di stabilità, che permetteva ai dipendenti di godere della sanatoria del Governo, è un'aggravante. «I dipendenti conclude Proto- non devono e non possono pagare per le responsabilità e le colpe gravissime di chi non ha saputo fare il proprio lavoro».
 
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