Autobomba a Vibo Valentia, la sfida delle cosche allo Stato che avanza

L'auto distrutta dall'esplosione della bomba e la vittima Matteo Vinci
L'auto distrutta dall'esplosione della bomba e la vittima Matteo Vinci
di Serafina Morelli
Martedì 10 Aprile 2018, 12:12 - Ultimo agg. 19:03
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«Un attentato con un’autobomba è un’azione scientificamente scelta per mandare messaggi a chi si permette di ribellarsi al diktat della ’ndrangheta. Una ‘ndrangheta che gira il mondo, importa tonnellate di cocaina, si rivolge ai broker, a esperti di alta finanza per riciclare soldi in alcune parti del mondo, come in America, in Australia e in Europa. Ma nonostante ciò è attaccata in maniera viscerale alla propria terra e controlla centimetro per centimetro il territorio. Ecco perché sfidare alcune famiglie può causare ciò, anche se questo tipo di azioni si sono rivelate sempre un errore per la ‘ndrangheta». A parlare è il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri. Il giorno dopo l’attentato con la bomba killer che ha ucciso a Limbadi, nell’entroterra vibonese, il 42enne Matteo Vinci e ferito gravemente il padre 73enne Francesco Vinci, ci si chiede chi voleva uccidere e lanciare un segnale così eclatante. E decide di alzare il tiro nel momento in cui lo Stato potenzia il livello di attenzione nella provincia a più alta densità di ’ndrangheta.

«La Procura distrettuale antimafia di Catanzaro si è rafforzata su Vibo Valentia con tre sostituti procuratori – aveva annunciato ieri Nicola Gratteri, nel corso di una conferenza stampa convocata per illustrare l’operazione che ha portato a 7 fermi nel clan Emanuele contrapposto in una faida alla cosca Loielo -. Dobbiamo cominciare a riprenderci con più determinazione e con più forza, con maggiore vigore, il territorio dell'intera provincia di Vibo Valentia».  Ma la ‘ndrangheta ieri ha risposto, non ha esitato a mettere la propria firma piazzando un ordigno ad alto potenziale nel vano portabagagli di una macchina. La Dda di Catanzaro segue da vicino la vicenda.  Gli inquirenti sono al lavoro per ricostruire la vita di Francesco e Matteo Vinci. Quest’ultimo era stato candidato alle ultime elezioni comunali nella lista civica “Limbadi Libera e Democratica”. Candidato in una terra di commissari e ’ndrine, dove la scure del Ministero più volte si è abbattuta azzerando per condizionamenti mafiosi le amministrazioni elette dai cittadini. Una terra in cui il clan Mancuso di Limbadi continua a essere egemone in tutta la provincia, a influenzare gli equilibri criminali, ad affermare le proprie strategie e ad esercitare un forte condizionamento ambientale, così come messo in evidenza dalla relazione della Direzione investigativa antimafia. E con i Mancuso, la famiglia Vinci aveva litigato nel marzo del 2014. Una rissa, nella quale sono stati usati forconi e bastoni, scoppiata per motivi di vicinato in località Cervolaro. Per l'annoso problema delle delimitazioni dei propri possedimenti finirono in manette Domenico Di Grillo, la moglie convivente Rosaria Mancuso, la figlia Lucia Di Grillo (rispettivamente cognato, sorella e nipote dei più noti fratelli Mancuso di Limbadi) e Francesco Vinci, la moglie Rosaria Scarpulla, il figlio Matteo Vinci. Proprio Domenico Di Grillo, 71 anni, è stato arrestato questa mattina con l'accusa di detenzione abusiva di arma e munizioni. Durante le perquisizioni domiciliari i militari dell'Arma hanno trovato un fucile di provenienza illecita, insieme a 46 cartucce per la stessa arma. L'arresto, al momento, non ha una connessione diretta con l'attentato di ieri. Si tratta, comunque, di un vicino di casa delle vittime dell'autobomba con cui ebbe la lite nel 2014.

Oggi è stato convocato d’urgenza il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. A deciderlo il prefetto Guido Longo anche in seguito a un altro episodio di cronaca avvenuto nella giornata di ieri. Sempre in provincia di Vibo Valentia, a Soriano Calabro, ignoti hanno danneggiato il monumento in ricordo di Filippo Ceravolo, il 19enne ucciso per errore nel 2012 nel corso di un agguato di ’ndrangheta. «Un oltraggio alla memoria di Filippo e di tutte le vittime innocenti delle mafie, rispetto al quale siamo certi ci sarà il massimo impegno delle forze dell’ordine per individuare i responsabili e assicurarli alla giustizia – ha affermato il coordinamento vibonese di Libera –. Questo sfregio non ha colpito soltanto un’intera comunità che lotta affinché non ci siano altre storie di sangue, sogni spezzati e dolore come quello di Filippo, ma il colpo più duro ricade su quei vigliacchi che l’hanno compiuto perché la nostra lotta è anche, o forse soprattutto, per liberare chi, come loro, libero non è».

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