Maria Pirro
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Una nuova malattia rara
scoperta alla Federico II

di ​Maria Pirro
Sabato 30 Giugno 2018, 16:37 - Ultimo agg. 1 Luglio, 22:15
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Si chiama malattia da difetto di Itpkb, è causata da alcune alterazioni dei linfociti B, le cellule nel sangue che ci proteggono dalle infezioni. Ed è l'ultima patologia rara scoperta alla Federico II grazie allo screening rivolto ai malati, tante, troppe volte orfani di cure e, in un caso su tre in Italia, anche senza diagnosi.

«Per tutti, la svolta può arrivare solo grazie alla ricerca scientifica direttamente applicata in corsia», dice Claudio Pignata, professore ordinario di Pediatria, che ha identificato la mutazione genetica mai descritta al mondo all'origine della forma severa di immunodeficienza. «La nuova malattia individuata - chiarisce il docente - è caratterizzata da un'alta incidenza a sviluppare tumori ematologici, oltre che dalle scarse difese nel combattere le infezioni».  Un dramma nel dramma riscontrato in cinque casi su otto individuati al Policlinico. E, per trattarli, si punta adesso su farmaci biologici, risultati efficaci in condizioni analoghe. «La medicina di precisione può garantire una maggiore qualità nelle cure sempre più personalizzate», aggiunge Pignata, che con la collega Vera Gallo ha condotto lo studio durato cinque anni.


Claudio Pignata in un laboratorio di pediatria al Policlinico - A. Garofalo, Newfotosud

Non l'unico risultato di livello: nel meeting all'Università, il 21 giugno, oltre 50 contributi sono stati illustrati da diversi gruppi del dipartimento di Scienze mediche traslazionali (sezione di pediatra), e una parte delle ricerche è stata effettuata in collaborazione con il Tigem, anche grazie a finanziamenti Telethon. In particolare, sono stati presentati nuovi marcatori biochimici, utili per la diagnosi, ma soprattutto per seguire il lento decorso di patologie rare, individuarne i primi segni (detti sub clinici) e intervenire con tempestività, riducendo i danni ai muscoli e al cuore.

L'esame, di tipo molecolare, è stati eseguito in via sperimentale su 52 pazienti affetti dalla malattia di Pompe. Ed è l'unico test ematico in Italia che oggi consente di avere informazioni preziose sulla gravità e la progressione della stessa patologia, anche in base ai trattamenti clinici: i risultati sono sintetizzati in un lavoro in corso di pubblicazione e costituiscono il punto di partenza per ulteriori applicazioni. Difatti, il modello messo a punto dal team coordinato dai docenti Giancarlo Parenti e Antonietta Tarallo, in sinergia con il Tigem, verrà utilizzato in autunno per seguire situazioni differenti, con lo stesso approccio. 

L'epilessia è un'altra patologia cronica al centro delle indagini, ma più diffusa: colpisce l'un per cento della popolazione, l'incidenza è più alta tra i bambini e può avere un impatto sullo sviluppo cognitivo. La terapia al momento si basa su farmaci che trattano i sintomi ma non bloccano i meccanismi sottesi (ancora da identificare) e in alcune forme, considerate rare, la cura non funziona. Per questo motivo, i ricercatori napoletani coordinati da Ennio Del Giudice e Gaetano Terrone (insieme con Istituto Mario Negri, University College di Londra e Università del Colorado)hanno testato, tra i farmaci in commercio utilizzati con indicazioni diverse, quelli considerati in grado di agire anche sul cervello, in alcune aree specifiche, per evitare le crisi, la morte di neuroni e il deficit di memoria che talvolta ne consegue. La prova finora è avvenuta sui topi, mediante la somministrazione delle medicine che contrastano lo stress ossidativo e regolano il sistema endocannabinoide implicato nella genesi della malattia e delle complicanze a lungo termine. Ma, in tempi stretti, il protocollo verrà esteso ai primi pazienti.

Il meeting del 21 giugno
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