L’apparizione

L’apparizione
Lunedì 9 Luglio 2018, 11:10 - Ultimo agg. 23 Marzo, 16:10
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Adesso che “L’apparizione” di Rocco Carbone torna da Castelvecchi, dopo essere uscita da Mondadori, a dieci anni dalla morte del suo autore, e che il tempo non ha consumato né le pagine né la forza dello scrittore che le scrisse, possiamo dire che è un piccolo grande pezzo di letteratura italiana. Un romanzo che è una relazione clinica, il referto di una dissoluzione, dove più la frattura si allarga maggiore è la maestria nel descriverla, riprodurla, riacchiapparla. Pensieri e azioni si con-fondono, verità e bugie si accavallano. Il protagonista, Iano, è un devastatore, e un devastato, con lui il lettore si ritrova in una stanza di follia, contagiosa e avvincente. Dove l’esattezza della pagina inchioda quello che non sembra inchiodabile. Nell’evasione dal linguaggio medico, in questo caso, psichiatrico, c’è la grandezza di Carbone, la bellezza della sua ricerca – quella di una opera per nulla facile, come raccontò Emanuele Trevi – e la disparità di scrittura.
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