La danza del potere
la teoria dei due forni

Max Ernst, Oedipus Rex, 1922
Max Ernst, Oedipus Rex, 1922
Martedì 24 Aprile 2018, 17:17 - Ultimo agg. 25 Aprile, 11:58
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Ti muovi sulla destra, poi sulla sinistra
resti immobile sul centro
provi a fare un giro su te stesso
(Franco Battiato, cantautore, compositore e regista italiano)


La teoria dei due forni rimonta a qualcosa di più dell’utilitaristico fine machiavelliano. In molti casi c’è visione. C’è capacità di andare oltre lo scopo immediato.

Proviamo ad andare alla preistoria dei due forni e scopriremo precedenti importanti. A cominciare dalla prassi attuata nella storia moderna dallo Stato pontificio, una volta accanto alla “cristianissima” Francia e un’altra insieme alla “cattolicissima” Spagna.

Cambiò alleanze Camillo Benso conte di Cavour, quando nel 1852 il “connubio” siglato dalla Destra storica con il centrosinistra di Urbano Rattazzi gli spianò la strada verso l’incarico di primo ministro.

Non agì diversamente il liberale Giovanni Giolitti, che in maniera assai disinvolta si accordò con i socialisti di Filippo Turati e però sottoscrisse il patto Gentiloni che nel 1913 avrebbe aperto le liste dei liberali ai cattolici proprio al fine di arginare la prevedibile avanzata del Psi.

Agostino Depretis non fu da meno. Francesco Crispi la definì trasformismo ma di fatto quella pratica garantì a Depretis e al suo debole governo di sinistra una sopravvivenza grazie al sostegno di parlamentari di Destra. È la consuetudine antesignana che poi nei decenni successivi sfornerà le maggioranze variabili, i camaleonti, i voltagabbana, i responsabili, gli scilipoti.

Identica è la storia quando (per brevità) la ricognizione giunge ai più recenti anni Sessanta, quelli della Dc e del Centrosinistra, con Giulio Andreotti che si “serviva” al tempo stesso presso il Psi di Pietro Nenni e presso il Pli di Giovanni Malagodi, senza disdegnare talvolta l'appoggio del Msi.
Scrive il notista politico di lungo corso Giuseppe Loteta: «Quando Andreotti enunciò la teoria dei due forni eravamo in tre o quattro intorno a lui, alla buvette di Montecitorio. Lo fece con semplicità con naturalezza, quasi non sapesse, e lo sapeva benissimo, che le sue parole l'indomani avrebbero fatto il giro dei giornali quotidiani. Se debbo comprare il pane, disse, e ho nella mia stessa strada due forni e uno di questi me lo fa pagare caro o mi dà un prodotto scadente, vado dall’altro».

3. Maggioranze variabili
1. Politica e tradimento

corrado.castiglione@ilmattino.it

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