Semiotica politica di Batman

Semiotica politica di Batman
Sabato 21 Aprile 2018, 12:53
4 Minuti di Lettura
Basta che uno abbia un minimo di potere e ce l’hai contro.
Allora non sarebbe meglio eliminare il potere?
(Tiziano Sclavi, scrittore e fumettista italiano)


I Supereroi spesso fanno capolino nella comunicazione politica. A maggior ragione lui, l’uomo pipistrello, il giustiziere, il cavaliere oscuro che esprime un’immagine di impegno politico, di equità e di grande forza quando si batte contro il crimine per difendere la “sua” Gotham city: «Io sono la vendetta. Io sono la notte. Io sono Batman». Di recente è stato Silvio Berlusconi a paragonarsi a lui, quando alla vigilia delle amministrative 2016 si è speso ancora una volta per il suo partito nonostante la sua leadership toccasse uno dei momenti più bui dopo la decadenza da senatore (2013).



Ebbene, nella delicata fase della scelta del candidato sindaco a Roma (laddove spinse invano per Guido Bertolaso), a chi gli chiedeva se si sentisse pugnalato dagli alleati Giorgia Meloni e Matteo Salvini ha detto a chiare lettere: «Io sono Batman, ho la corazza di kevlar», salvo poi fermarsi per un opportuno pit stop chirurgico al termine del primo turno elettorale, tenendo con il fiato sospeso i fedelissimi ma anche i più acerrimi nemici.

D’altronde Batman è sempre stato al centro di un acceso e articolato dibattito politico, come rammenta James Hansen in un recente ed erudito «Batman vs Superman: la semiotica politica dei Supereroi», laddove l’uomo pipistrello in particolare «portava tutte le stimmate del fascistone, a partire ovviamente dalla mise tenebrosa. Miliardario e padrone di una multinazionale possiede una lussuosa villa e perfino un maggiordomo, per non parlare della costosissima fuoriserie, sempre nera». 

A coronare il giudizio su Batman è poi arrivato «Il Cavaliere oscuro, il ritorno» ultima pellicola della trilogia di Cristopher Nolan (settembre 2012) che ha definitivamente sentenziato: Batman è di destra. Scrive di lui Robert Colvile, columnist del Telegraph: è «l’eroe più ricco, con la casa più grande, il nascondiglio più bello, la macchina più veloce ed è corteggiato dalle donne più splendide della città». E ancora: «Nolan ha finalmente svelato il più grande segreto di Bruce Wayne/Batman ovvero il fatto che quest’ultimo sia intimamente e incredibilmente di destra, Batman è il paladino dei plutocrati».

Del resto il giustizialismo – peccato originale tendenzialmente di sinistra – in Batman è superato dal fatto che a renderlo ricchissimo sono la produzione di armi e speculazioni finanziarie. Il tutto incorniciato in un’aura dickensiana dove poi in fondo Batman è il capitalista buono che finanzia gli orfanotrofi. 

Siamo all’esatto capovolgimento della visione politica di Frank Miller, l’autore di testi e disegni della miniserie edita da Dc Comics nell’86 e dalla quale il film trae spunto. Spiega Miller al magazine Vulture nel novembre 2015: «L’errore principale credo sta nel fatto che la gente pensava che io avessi presentato Batman come anti-eroe, quando invece lo avevo pensato come il più puro degli eroi. L’idea era che fosse, come Robin Hood, un personaggio calato in un periodo in cui l’ordine prestabilito era sbagliato e doveva essere sovvertito. Quindi lui era, politicamente, un radicale e un rivoluzionario che voleva rovesciare uno stato di polizia corrotto. Era un tipo di storia molto patriottico e fedele alla legge, ma le autorità prestabilite stavano facendo la cosa sbagliata, quindi ci voleva un fuorilegge per riportare la giustizia».

Tornando alla politica di casa nostra: di sicuro l’utilizzo più efficace della parola Batman di recente si è rivelato nel 2014 in occasione dello scandalo dei rimborsi esploso nel Consiglio regionale del Lazio intorno alle disavventure giudiziarie del capogruppo Pdl, Franco Fiorito.



Per diversi mesi le cronache hanno parlato solo di «er Batman», che si portava appresso quel nomignolo da quando gli amici lo avevano ribattezzato così, con sfottente ironia tutta romanesca, dopo un banale “incidente” in garage. Fabrizio Roncone, sul Corriere della Sera, raccontò com’era andata: un pomeriggio Fiorito con il consueto piglio deciso e con il vigore della sua stazza aveva inforcato un’Harley Davidson, «ma non appena i quattro amici che lo sorreggevano mollarono la presa, lui non riuscì a ingranare la prima e con un tonfo sordo bestemmiando cadde su un fianco».

corrado.castiglione@ilmattino.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA