La strage del bus nella scarpata,
Autostrade: «Accuse insussistenti»

La strage del bus nella scarpata, Autostrade: «Accuse insussistenti»
Venerdì 16 Novembre 2018, 13:06
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«Gli standard di sicurezza delle barriere protettive sul Viadotto Acqualonga garantivano una elevata capacità di contenimento, adeguata a quella massima prevista dalla normativa». Lo ha sostenuto la difesa dei 12 imputati tra dirigenti e funzionari di Autostrade spa, nel processo in corso ad Avellino per la strage che il 28 luglio del 2013 costò la vita a 40 persone precipitate dal viadotto dell'A16 Napoli-Canosa a bordo del bus con il quale stavano facendo ritorno a casa dopo una gita nei luoghi di san Pio da Pietrelcina. Il difensore della società Autostrade, Giorgio Perroni, ha anche sostenuto che il degrado dei «tirafondi» (i bulloni che fissano al suolo i New Jersey, ndr) non è da ritenere la causa che ha provocato il cedimento della barriera, come hanno dimostrato i crash test mentre per contro l'accusa non avrebbe fornito alcuna prova in ordine alla effettiva conoscenza da parte della Direzione del Tronco a cui è demandata la manutenzione di quel tratto autostradale, del fenomeno accertato.

La difesa degli imputati, tra i quali l'ad di Autostrade, Giovanni Castellucci e l'ex condirettore, Riccardo Mollo, ha anche sottolineato che invece «tutti gli elementi emersi dal dibattimento indicano in modo inequivocabile quanto siano state determinanti le condizioni del bus», che non avrebbe dovuto circolare e che non avrebbe mai potuto superare la revisione, «la cui falsificazione è stata accertata in modo inequivocabile»: l'automezzo, che aveva già percorso quasi un milione di chilometri, viaggiava con la valvola di sicurezza del sistema frenante manomessa, con pneumatici usurati e di marche diverse e il giunto cardanico mai sottoposto a controlli o revisioni. La difesa di Autostrade spa, che ha giudicato «insussistenti gli elementi dell'accusa nei confronti della società», ha anche ricordato le dichiarazioni rese in dibattimento dai superstiti che allarmati dalle anomalie di marcia verificatesi alcuni chilometri prima del Viadotto Acqualonga, avevano chiesto più volte all'autista, Ciro Lametta, di fermarsi nel tratto in salita che il bus stava percorrendo. Allarmi che vennero ignorati da Lametta, anch'egli perito nell'incidente. Per ognuno dei 12 imputati, il Procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, ha chiesto al giudice monocratico, Luigi Buono, la condanna a dieci anni di reclusione. Nell'udienza del 5 ottobre scorso, la pm Cecilia Annecchini, aveva chiesto la condanna a 12 anni per Gennaro Lametta, proprietario del bus, e quelle a 12 e 9 anni rispettivamente per Antonietta Ceriola e Vittorio Saulino, dipendenti della Motorizzazione Civile di Napoli che avrebbero falsificato la revisione del bus. La prossima udienza è fissata per il 30 novembre.
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