Ballottaggi, il duello di Avellino:
è l'ultima frontiera del centrosinistra

Ballottaggi, il duello di Avellino: è l'ultima frontiera del centrosinistra
di Lorenzo Calò
Sabato 23 Giugno 2018, 11:09 - Ultimo agg. 24 Giugno, 09:04
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Comunque vada a finire - per chi salirà le scale del Municipio per accomodarsi sullo scranno di sindaco - non sarà facile. E quella stessa poltrona potrebbe rivelarsi un seggio di spine viste le incognite che si addensano sul futuro di Avellino. Al ballottaggio di domani si presentano Nello Pizza, candidato del centrosinistra ispirato dal ritrovato asse De Mita-Mancino, che ha chiuso il primo turno, quindici giorni fa, con il 42,9 per cento e 13871 voti; e Vincenzo Ciampi, uomo del Movimento Cinquestelle che il 10 giugno si è fermato al 20,2 per cento raccogliendo 6535 preferenze. E nella città per anni considerata feudo assoluto della Dc ma anche laboratorio politico, fucina di intelligenze dottrinarie e abilità di governo, la partita sembra dipanarsi tutta sul tema «rinnovamento-restaurazione». Almeno, su questi binari l'hanno impostata i Cinquestelle, consapevoli di giocarsi un match importante nello scacchiere regionale, del Mezzogiorno e sul piano nazionale.

Dopo aver conquistato il fortino irpino alle politiche dello scorso 4 marzo ottenendo percentuali bulgare (il 39,4%) e portando a Roma ben cinque parlamentari - tra maggioritario e proporzionale - i pentastellati cercano ora di non perdere terreno nei confronti della Lega di Salvini che qui sull'Appennino al primo turno ha scelto l'alleanza tradizionale con il centrodestra e ha racimolato un misero 4 per cento. «Da Avellino avrà inizio la Terza Repubblica», tuonava ieri il vicepremier Luigi Di Maio arrivato in città per la seconda volta in due settimane. E via a puntare il dito contro «l'ammucchiata a guida Pd», quella che secondo il dogma grillino rappresenta «la lobby dei potenti che vogliono resistere per non abbandonare il Palazzo. E infatti schierano le truppe cammellate di De Mita e Mancino». Cammellate o no, quelle falangi al primo turno hanno già conquistato (con sette liste) il 53,2 per cento consegnando su un piatto di platino a Pizza, avvocato penalista, la possibilità di chiudere i conti. Un chiaro avvertimento a Ciampi: se eletto sindaco, sarà dura governare. E, d'altra parte, per motivi speculari, per il Pd e il centrosinistra il mantenimento del bastione di Avellino è ugualmente imprescindibile per arginare la debacle Dem in Campania, per conservare la leadership in un altro capoluogo (con Caserta e Salerno) di area progressista e rinsaldare la filiera istituzionale retta da Vincenzo De Luca. Insomma, un'operazione di prospettiva cui lo stesso Governatore (che però non si è visto in campagna elettorale) guarda con attenzione e interesse dal momento che prima o poi arriveranno anche le Regionali.

 

LE INCOGNITE
Ma le incognite della vigilia lastricano la strada per Piazza del Popolo, a cominciare dal rebus affluenza, temuto dal centrosinistra più di una scossa sismica. E il clima avvelenato degli ultimi giorni non ha certo contribuito al fairplay: tre aspiranti sindaci al primo turno - Morano centrodestra; e i civici Preziosi e Cipriano - hanno fatto endorsement per il candidato cinquestelle al grido di «facciamo muro contro il blocco di potere che ha ripresentato in consiglio comunale quasi tutti gli uscenti». Un assist al neosottosegretario all'Interno Carlo Sibilia che soffia sulla «questione morale» e agita i fantasmi dell'inchiesta giudiziaria che ha coinvolto la moglie e due figlie dello storico leader di Nusco. Eppure gli scenari non sono semplici da decifrare, né il trionfale ingresso nella stanza dei bottoni sembra promettere floride speranze. I conti del Comune sono tutt'altro che rosei: indebitamento accertato di 54,8 milioni, rendiconto 2017 non approvato, situazione di cassa definita «strutturalmente deficitaria». «Ma una cosa è certa - ha detto ieri il sindaco uscente Paolo Foti, anche lui di centrosinistra, che dopo un solo mandato ha deciso di lasciar perdere - Abbiamo evitato che il Comune finisse in dissesto». Chi arriverà, insomma, non si troverà sul groppone 20 milioni di debiti fuori bilancio e potrà anche fidare su un incremento di gettito per 9,5 milioni derivanti dalla lotta all'evasione. «Questo per dire che non siamo mafia capitale», ha tagliato corto Foti, finito anche lui nel tritacarne della campagna elettorale e rimasto ostaggio delle faide interne al Pd miste alla voglia di rimonta cinquestelle. Sullo sfondo il sogno dei grandi appuntamenti mancati e delle occasioni perse. Una città dall'assetto urbanistico incompiuto, un tessuto connettivo scandito da cantieri infiniti e cattedrali nel deserto (tunnel e Mercatone), un ruolo baricentrico smarrito in quella che sarà la cornice territoriale chiamata Area Vasta oggi dai contorni più simili a una grande nebulosa. Il colpo di grazia potrebbe assestarlo proprio il governo a trazione Lega-Cinquestelle che vuole cancellare il tratto irpino dell'alta capacità ferroviaria sopprimendo l'Hub infrastrutturale per il quale il Cipe ha già stanziato i fondi. «Fermeremo questo piano», ha tuonato l'ex ministro Delrio. Vedremo dove si fermerà la pazienza dei cittadini.
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