Il ritorno dell'ispettore Coliandro: «Un'icona perché è come tutti noi»

Il ritorno dell'ispettore Coliandro: «Un'icona perché è come tutti noi»
di Francesca Bellino
Martedì 13 Novembre 2018, 10:30
3 Minuti di Lettura
L'ispettore Coliandro è il poliziotto della tv italiana meno intuitivo e ammaliante, eppure riesce a essere il più transgenerazionale. Dal suo esordio a oggi, gli estimatori del personaggio interpretato da Giampaolo Morelli sono cresciuti, nei momenti di pausa ne hanno reclamato il ritorno e oggi ad attendere i nuovi quattro episodi in arrivo mercoledì su Raidue, ci sono padri, figli, nonni e nipoti.

La prima puntata della serie ideata dallo scrittore Carlo Lucarelli e diretta dai Manetti Bros è stata girata 15 anni fa ed è andata in onda tre anni dopo. Da allora di puntate ne sono state realizzate 26, tutte di 100 minuti e con un'idea di base che ha conquistato il pubblico: Coliandro è un uomo comune. L'ispettore pasticcione che si presenta con Ray-Ban e giacca di pelle, non ha poteri magici: quello che gli accade è casuale e involontario e crea identificazione.

In questa settima edizione sempre ambientata a Bologna, prodotta da Rai Fiction con Velafilm in associazione con Garbo produzioni, sono tanti gli ospiti felici di entrare nel suo mondo, da Francesco Pannofino a Gian Marco Tognazzi, da Iva Zanicchi a Serena Rossi, da Paolo Calabresi a Claudia Gerini, da Guè Pequeno a Cinzia Fornasier, a Martina Sammarco.

Morelli, tanti suoi colleghi accettano con gioia un cameo al fianco di Coliandro. Cosa li attira?
«Piace a tutti venire a menare Coliandro. Il mio Coliandro prende sempre una quantità infinita di botte. Nelle nuove puntate ci saranno sempre più cazzottoni, sparatorie, sangue che scorre dal naso, tanta action! Gerini si è dimostrata un'esperta in botte e anche Iva Zanicchi. Mi darà certe testate!».
 
Il suo fisico reggerà?
«La fatica aumenta. Ho iniziato la serie a 28 anni, ora ne ho 43. Mentre Coliandro diventa più rocambolesco, io sto invecchiando, ma sono molto felice. Coliandro è sempre più cult. Ormai è un'icona».

Con il passare degli anni cos'è cambiato nella sua vita?
«Sono diventato papà di due bambini, Gianmarco e Pier. Hanno due e cinque anni. Oggi, più che agli esordi del personaggio, posso capire quanto vale poter condividere un'esperienza con i figli e mi fa piacere quando gli spettatori mi ringraziano perché la nostra serie dà loro l'occasione di passare una serata insieme ai figli o ai nipoti».

Le piace la paternità?
«Molto ma è un po' stancante, e mi pesano le lunghe assenze per lavoro che mi tengono lontano dai figli. Però con loro sto riscoprendo anche cose che appartenevano alla mia infanzia, e mi commuovono».

Troveremo Coliandro cambiato?
«No, Coliandro resta lo stesso: goffo, sbadato, testardo, spigoloso e malinconico. È stata la direttrice di Rai Fiction Tinni Andreatta a credere nelle potenzialità del personaggio. È grazie a lei che siamo tornati».

Lucarelli dice che Coliandro non ha fan, ma ultrà
«È vero. Quando la serie è stata bloccata nel 2010 tanti hanno protestato. Alcuni hanno spedito lettere in Rai con dentro coriandoli, giocando con il nome, altri hanno addirittura scritto email al direttore dell'epoca».

Coliandro le somiglia un po'?
«Come somiglia a tutti, anche se si caccia in situazioni surreali».

Come definirebbe il suo personaggio?
«Coliandro è un uomo innamorato dell'idea di amore che vuole evitare la solitudine, e si ritrova di fronte a storie di mafie, violenza politica, problemi sociali, corruzione e razzismo».

Su cosa sta lavorando ora?
«In questi giorni sto girando Gli uomini d'oro di Vincenzo Alfieri a Torino con Fabio De Luigi, Edoardo Leo. È un film ispirato a un colpo alle Poste avvenuto negli anni '90 nel nord Italia fatto senza l'uso di armi, ma con l'astuzia; mentre a breve uscirà Bugiardi di Volfango De Biasi. Con me ci sono Massimo Ghini e Alessandra Mastronardi. È una commedia: io sono il titolare dell'agenzia SOS alibi che produce bugie su richiesta».

Di questi tempi alterazioni della realtà, fake e fattoidi sono di moda. Lei sa dire bugie?
«Io no, ma il mio personaggio sì. È un furbone dal grande talento: sa dire bugie e anche capire i bugiardi. Per lui è meglio una bella bugia che una brutta verità».
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