Così Eduardo diventa
una fiction, anzi due

Così Eduardo diventa una fiction, anzi due
di Titta Fiore
Giovedì 27 Aprile 2017, 08:36
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Eduardo, che era nato nel 1900, il 24 maggio del 1900, si portava dentro la storia del secolo breve. Protagonista e osservatore esterno, come solo i grandi intellettuali sanno essere, aveva attraversato dittature, guerre, sconfitte e vittorie, aveva conosciuto gli spasimi vitalistici della Belle Epoque agli sgoccioli e l’euforia disincantata della ripartenza dopo le bombe e la distruzione, le miserie e la nobiltà dell’animo umano. Da Napoli che pretendeva d’essere milionaria aveva imparato a guardare al mondo, e il mondo s’era ben presto accorto del suo smisurato talento. Le commedie di Eduardo hanno incrociato tutti i linguaggi dell’arte, si sono fatte cinema e televisione, disegno e fumetto. E ora la sua vita, appassionante anch’essa come un romanzo, diventa una fiction. Una serie in più puntate. Anzi due.

Le hanno annunciate ieri, in rapida successione e ignorando, a quanto pare, l’una l’esistenza dell’altra, la Publispei dei Bixio e la Pepito Produzioni di Agostino Saccà. Mario Martone sarà il regista della prima, ispirata al libro di Maurizio Giammusso Vita di Eduardo (minimum fax), con un progetto che dichiara da subito la propria vocazione internazionale; Sergio Rubini è l’autore e lo sceneggiatore della seconda, già proposta alla Rai in un pacchetto di otto episodi. Come finirà, è ancora presto per dirlo, ma la doppia sfida si annuncia senz’altro interessante e per molti motivi.

«L’idea nasce da lontano e affonda le radici nella tradizione della mia famiglia napoletana» dice Verdiana Bixio, discendente dello storico autore di «Parlami d’amore Mariù» e presidente della Publispei, società che ha all’attivo successi come «Un medico in famiglia», «I Cesaroni» e «Tutti pazzi per amore». «Eduardo fa parte della mia formazione, ne sentivo parlare a casa prima di studiarlo all’università, ho pensato che una serie sulla sua vita e sul suo tempo, da spettatrice, l’avrei guardata volentieri». Le suggestioni della Napoli di primo Novecento, capitale delle lettere e delle arti, hanno fatto il resto e il progetto ha preso corpo di pari passo con la volontà di affidarne la realizzazione a Martone. Ancora Verdiana: «Ho visto il film su Leopardi, “Il giovane favoloso”, e mi ha stupito per la modernità del linguaggio, per la capacità di parlare ai giovani e ai meno giovani con toni semplici e profondi. Chi meglio di Martone avrebbe potuto raccontare un maestro della scena teatrale e cinematografica, un autore eccelso come De Filippo? Ho acquistato i diritti della biografia di Giammusso, ho sondato il mercato internazionale e ho proposto la mia idea a Mario. Era una sfida, e lui l’ha colta al volo».

Il regista, che proprio ieri sera ha debuttato a Napoli con «Morte di Danton» dopo aver portato in scena al Nest di San Giovanni a Teduccio un classico eduardiano, «Il sindaco del rione Sanità», rivoluzionato nell’assunto e nella messinscena, si troverà per la prima volta alle prese con una serie televisiva: il suo ritratto dell’uomo Eduardo dovrebbe essere, allo stesso tempo, una narrazione di più ampio respiro e trasformarsi nell’affresco di un’epoca. E dunque il racconto delle origini della famiglia allargata Scarpetta-De Filippo dall’albero genealogico frondoso come una quercia, la storia dei tre fratelli Eduardo, Peppino e Titina, figli illegittimi ma eredi della purissima arte comica del «sultano» Eduardo Scarpetta, s’intreccerà con quella degli anni del fascismo, della guerra e del dopoguerra, incrociando vita pubblica e privata e componendo un mosaico dove trovano posto i matrimoni e i figli del grande attore e drammaturgo, i successi in patria e all’estero, la scrittura sempre vincente, l’impegno per i giovani a rischio della città e la nomina a senatore a vita intesa come dovere e militanza civile.

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