Carlo Conti: «Non toccate lo Zecchino d'Oro»

Carlo Conti
Carlo Conti
di Ilaria Ravarino
Mercoledì 15 Novembre 2017, 20:23 - Ultimo agg. 19 Novembre, 17:28
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«Lo Zecchino non si tocca. È così da sessanta edizioni, non è che ci si possa inventare chissà cosa. Non è Sanremo». Appunto. Approdato dopo tre anni di Ariston alla direzione artistica dello Zecchino d’Oro, Carlo Conti mette le mani avanti: più che una rivoluzione sarà una restaurazione, anche se la parola che ricorreva ieri, in conferenza stampa, era “celebrazione”.

Quattro puntate (ogni sabato su Rai1 dal 18 novembre al 9 dicembre), 16 piccoli interpreti, 12 canzoni inedite che aprono, in due casi, all’attualità: Mediterraneamente sul dramma dei migranti, Si, davvero mi piace sui social network. Giuria di volti notissimi, con effetto tra il confortante e il sedativo: Lino Banfi, Cristina d’Avena, Simone Montedoro, Caterina Balivo. Topo Gigio l’ospite più atteso, figliol prodigo che torna dopo 11 anni di esilio dall’ammiraglia Rai. E la prima serata dell’8 dicembre dedicata all’amarcord della trasmissione, con la reinterpretazione dei grandi classici dell’Antoniano e qualche spericolato crossover (il più audace: Patti Pravo con Fammi crescere i denti davanti).

Conti, da Sanremo allo Zecchino. Perché?
«Non lo considero né un punto di partenza né di arrivo. Con questa decisione non sento di essere andato necessariamente avanti o indietro. Sperimentarmi su terreni nuovi mi diverte, e finché mi diverto va bene così»

Però con questa scelta ha stupito tutti
«Ma perché la gente non sa cosa voglia dire divertirsi veramente in questo mestiere. E cioè: per una volta non avere l’angoscia degli ascolti, non avere l’ansia di fare qualcosa per primo e meglio, non dover considerare ogni occasione come un punto di arrivo. Ogni programma è un passaggio. Basta col voler vedere la competizione ovunque. Ci vuole leggerezza.»

Con Baglioni, che condurrà Sanremo, vi siete sentiti?
«Non ha certo bisogno dei miei consigli e non mi permetterei mai di dargliene. Non ci siamo sentiti. Sanremo è un grande appuntamento e lo gestirà, dall’alto della sua professionalità, con il suo stile come è giusto che sia. So che si tratta di un’esperienza assoluta, un grande impegno.»

Lei lo guarderà?
«Sì, anche se in quei giorni sarò in vacanza. Non ho rimpianti, ho fatto tre anni meravigliosi a Sanremo ma adesso basta. Faccio altro.»

La Corrida, per esempio?
«Confermo, ci stiamo lavorando. È uno di quei programmi che vorrei fare proprio nell’ottica di cui parlavo prima, quella del godermi il mio lavoro.»

E l’Eredità? 
«Quello invece è un ritorno obbligato. Ma io sono solo un supplente. Attendiamo tutti il ritorno di Fabrizio (Frizzi, ndr).»

Il cinema, ci racconta in questi giorni la cronaca, ha un lato oscuro. E la tv?
«Ovunque, in qualsiasi settore, c’è qualche pecora nera. E ci sarà sempre, è nell’indole umana: ci sono persone oneste e ci sono persone meno oneste. Ma non generalizziamo condannando tutto il settore. Piuttosto bisogna vigilare con attenzione. E colpevolizzare chi esce dal seminato».

Nell’epoca dei reality e di Rovazzi, lo Zecchino ha ancora senso?
«Sì, come dimostrano i milioni di visualizzazioni che fa il canale dell’Antoniano su Youtube. Certo, mio figlio sono mesi che canta "Occidentali’s Karma", ma è normale. Anche noi da piccoli, insieme alle canzoni dello Zecchino cantavamo quelle di Canzonissima».
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