Uno spettacolo attesissimo che segna anche il ritorno sul podio sancarliano di Nello Santi, 86 anni e una gran voglia di far musica. «Soprattutto Verdi», dice il maestro che ha diretto il «Rigoletto» come sua prima opera nel 1951. «Ed è rimasta una delle opere che amo di più», aggiunge il direttore sottolineando la collaborazione con la Feola, lanciata giovanissima da Riccardo Muti a Salisburgo nel 2011, durante il festival di Pentecoste dedicato al Settecento napoletano. «Ma ora sto allargando repertorio con scelte calibrate», spiega il soprano. «Mi aiutano mio marito, il baritono Sergio Vitale, mio fratello Carlo che pure canta con questo registro, ma devo tantissimo a Muti che mi ha forgiata e alla Scotto che ho seguito nei corsi dell’Opera Studio, mi hanno aperto un mondo».
Ma anche lei ha messo tanto di suo, non è così, Rosa?
«Molti mi chiedono consigli, ognuno ha una storia a sé. L’unica cosa che posso dire è studiare, studiare, studiare tanto. Il talento da solo non basta».
Lei ha riscosso un successo personale nel Concerto di Capodanno che Raiuno ha trasmesso dalla Fenice diretto da Luisi, che sarà a Napoli venerdì e sabato per due concerti.
«Non immaginavo un successo simile, in pochi giorni ho avuto mille like sulla mia pagina Facebook, Luisi è stato rigoroso, elegante. Con lui avevo cantato proprio nei panni di Gilda, a Zurigo, un bell’incontro».
Chicago, il Met, in aprile la Scala con «La Gazza Ladra» diretta da Chailly con la prima regia lirica di Salvatores, dove vuole arrivare?
«Voglio specializzarmi nel repertorio belcantistico, è nelle mie corde e ritengo possa caratterizzarmi. Penso di poter affrontare presto ruoli come Sonnambula o Lucia».
Ma il personaggio che ama di più?
«Non c’è dubbio, in questo momento è Gilda. Mi permette mille sfumature perché cambia di atto in atto. È un ruolo in cui ho debuttato quattro anni fa al Ravenna Festival con la regia di Cristina Mazzavillani, la moglie di Muti, poi l’ho ripetuto molto spesso approfondendolo, in parecchie produzioni diverse, a Zurigo, Torino, Monaco. Ogni volta si aggiunge un tassello, qualche dettaglio in più».
E in questa occasione?
«Certamente dal punto di vista musicale è stata importante la lettura di Santi. Poi con Guerra abbiamo lavorato molto sull’essere donna di Gilda, non una ragazzina, un’adolescente. Lei nel corso dell’opera si trasforma, prova sentimenti nuovi, conosce l’amore, ma conosce anche l’inganno».
In fondo Gilda non è una donna fortunata, s’innamora del primo uomo che la corteggia, il Duca, finisce nelle sue spire e, per amore, arriva a sacrificare la sua stessa vita.
«In effetti Rigoletto è come se avesse due personalità: è un padre buono e tenero con la figlia, diventa cinico e spietato con i cortigiani del Duca.
Ed è lui, pur amandola in modo spasmodico, a travolgere Gilda con le sue negatività portandola nel mondo di Sparafucile, la sua fine».