Le prime pagelle del festival di Sanremo: Avitabile e Servillo il migliori, Stash perde la sfida dell'italiano

Le prime pagelle del festival di Sanremo: Avitabile e Servillo il migliori, Stash perde la sfida dell'italiano
di Federico Vacalebre
Giovedì 18 Gennaio 2018, 17:00 - Ultimo agg. 19 Gennaio, 10:11
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Inviato a Milano

Perché Sanremo è Sanremo, anche se rende omaggio a Bowie, anche se spunta un Lucio Dalla inedito. Nel giorno delle prime pagelle, nel rito ludico/critico del giudizio secco al primo ascolto, nel debutto - only for reviewers - del sessantottesimo festival, stavolta declinato in salsa baglioniana, come sempre si finisce per dire che la canzone italiana non abita all'Ariston: bocciati rapper e trapper, l'edizione «oldies but goldies» del divo Claudio punta su melodie e lenti d'altri tempi, con il paradosso che uno dei ritmi più movimentati è forse quello affidato a Red Canzian. Il «dittatore artistico», intanto, riconosce che «un po' di rap ci sarebbe dovuto essere, ma forse il tempo a disposizione non mi è bastato a convincere i big del nostro hip hop, loro hanno lo stesso pregiudizio verso Sanremo che ebbe la generazione dei cantatutori. Peccato, avrei voluto convincerli che l'importantissima kermesse televisiva può diventare una Mostra della canzone». Magari l'anno prossimo? «Non credo, quest'esperienza è già troppo, accettata con la stessa incoscienza che avrei usato per rifiutarla». Paura dell'Auditel? «Addirittura terrorizzato. Finora ho parlato di canzoni, che in fondo è il mio mestiere, finirò pure per farla un po' di musica con qualche ospite, tra poco conteranno solo i numeri dell'Auditel». Intanto ci sono i 20 big ascoltati in fila, una panoramica abbastanza piatta, senza picchi, con poche sorprese davvero.

Annalisa: «Il mondo prima di te»
Inizia meglio di come continua, la Scarrone cambia stile, ma poi rimane prigioniera della rincorsa della radiofonicità canaglia, anche quando canta «e poi ci toglieremo i vestiti», e tu speri che parli di vita vera, di sesso vero, ma invece spiega che lo fa solo «per poter volare più vicino al sole». Cinquanta sfumature di noia, anche se nel venerdì dei duetti le darà una mano Michele Bravi. Voto: 4

Enzo Avitabile e Peppe Servillo: «Il coraggio di ognin giorno»
Laudato si' o mio fratello che confessi di aver vissuto in mezzo agli altri, di aver affrontato la quotidiana fatica del vivere,  con «gli occhi di Scampia», un melologo-dialogo con le radici nel cemento e le ali tra i suoni del mondo. World music sinfonica, un sax che si fa preghiera laica, ma nemmeno troppo. Voto: 8

Luca Barbarossa: «Passame er sale»
Un post-stornellatore tra Romolo Balzani e Gabriella Ferri (ma anche i Vianella, che non si vola sempre alto), spaesato dai tempi moderni, tanto da mischiare il vino con il sangue, gli archi con gli arrangiamenti da spaghetti western, la sua voce - nella manche delle riletture - con quella di Anna Foglietta. Voto: 7

Mario Biondi: «Rivederti»
Gli archi come li usava Nelson Riddle per Sinatra, l'andamento lento ma elegante di Bruno Martino, la dimostrazione che Marione può fare il crooner anche in italiano: non sarà originale, anzi a tratti sfiora il plagio, ma il pezzo è elegantissimo, retrostilosissimo. E pronto ad accentuare il leggero profumo di Brasile che già emana nella serata della finale dei Giovani aggiungendo alla ricetta il contributo di Ana Carolina e di (Daniel) Jobim. Voto: 7 e mezzo

Giovanni Caccamo: «Eterno»
Da eterna promessa che non trova il coraggio di sbocciare, schiacciata dall'adesione a un mainstream che non esiste più, canta di «non capire niente», forse evocando il mistero della sua presenza all'Ariston, rinforzata per l'esecuzione bis dalla presenza dell'ex vincitrice Arisa. Voto: 4

Red Canzian: «Ognuno ha il suo racconto»
Pop rock si sarebbe detto al tempo dei Pooh, oggi qualcuno lo scambierà per rock, ma è l'innocuo racconto di un «sopravvisuto» che si sente investito del ruolo di «testimone del tempo», solo che il tempo non lo sa e si svela altrove. Almeno se quel tempo è il 2018. A suo merito, almeno, il tempo mosso nella palude melodica dei più. A suo rinforzo, nel giro di boa di venerdì 9 febbraio, il duetto con un altro ex vincitore, Marco Masini. Voto: 5

Decibel: «Lettera dal duca»
Che poi sarebbe Bowie, e così l'andamento glam rock e il moderato tributo alla triologia di Berlino si stemperano tra le ingenuità di un testo più hippy che bowiano, nonostante le citazioni/allusioni mascherate. Voto: 7

Diodato-Roy Paci: «Adesso»
Del picciotto siculo c'è solo la tromba, il protagonista canoro e autorale è uno solo, alle prese con il disagio dei giovani che sognano un mondo meno cellulardipendente, meno tossicoditastiera. Ma il pezzo è tutto arrangiamento e poco più. Voto: 4 e mezzo

Elio e le Storie Tese: «Arrivedorci»
Beatlesiano, anzi no, anzi sì (all'inizio e alla fine), addio alle scene, che forse è vero, forse no, forse solo a metà di una band che ha portato a Sanremo chicche incantabili, esilaranti siparietti da uno sbadiglio e un altro. Qui salutano alla Ollio, raccontando una storia «unica», «atipica», «antieconomica», «dolcemente stitica», ma «elogiata dalla critica». Hanno fatto (molto) di meglio, e magari di meglio faranno nella rilettura del venerdì con i Neri per Caso, ma pure di peggio, se per questo, e ne sono persino orgogliosi. Voto: 7

Roby Facchinetti e Riccardo Fogli: «Il segreto del tempo»
Come Canzian, giocano con il mito della loro eternità, autoclonando il Pooh style più classico. Forse il titolo è sbagliato, forse la canzone si intitola «La macchina del tempo», forse Giusy Ferreri apparirà come un'intrusa nella foto a tre dell'esecuzione «differenziata». Voto: 5

Max Gazzè: «La leggenda di Cristalda e Pizzomunno»
Una favola popolare pugliese, la spiaggia di Vieste, lei bellissima, lui spavaldo pescatore, le sirene gelose... Un azzardo da incantautore neoclassico ma non belcantista, un regalo all'orchestra che avrà davvero da lavorare, almeno una proposta sorprendente. Voto: 7 e mezzo

The Kolors: «Frida»
Stash accetta la sfida dell'italiano e guarda alle piccole fans. Ma le piccole fans guarderanno alla band partenopea o, nel frattempo, hanno già scelto altri eroi da cameretta? Il pezzo, intanto, non aiuta. Voto: 4

Ermal Meta e Fabrizio Moro: «Non mi avete fatto niente»
Un esorcismo danzereccio per il mondo al tempo dell'Isis. Il ritmo è sostenuto, ambirebbe a una propulsione alla Manu Chao, ma non la trova, anche perchè poi bisogna pur sempre sanremeggiare, anche con la consapevolezza che non esiste bomba pacifista, che ogni guerra è inutile e dopo ogni strage qualcuno canterà più forte. Voto: 6

Noemi: «Non smettere mai di cercarmi»
Peccato, perché lei è una signora interprete, e, a tratti, si sente persino in questo nonpezzo. Peccato davvero. Voto: 4

Ron: «Almeno pensami»
Se non sapessimo che si tratta di un inedito di Dalla avremmo parlato di un pezzo dalliano al cento per cento, intonato con devozione dall'amico di una vita. Un Dalla minore, certo, ma a Sanremo giganteggia, pensando alla tradizione napoletana del «Vulesse addeventare» un piccione per volare almeno sul piede dell'amata, se non sul suo cuore. Rigorosa, elegante, sarà standing ovation, o almeno dovrebbe esserlo, e non solo nel duetto del venerdì sera con Alice, altro nome ripescato dall'albo d'oro dell'Ariston. Voto: 8

Renzo Rubino: «Custodire»
Nel bel mezzo di una lite tra ex trottolini amorosi spunta «un cardo viola», unico elemento memorabile di una canzone ben arrangiata, ma poco canzone, in attesa del contributo della scugnizza Serena Rossi, coprotagonista nella giornata dei duetti. Voto: 4 e mezzo

Lo Stato Sociale: «Una vita in vacanza»
Ribelli diventati pompieri? Entristi situazionisti? Un po' l'uno e un po' l'altro? Quel che resta dell'Emilia paranoica e filosovietica sdogana la parola «coglioni» e riflette - ma si può riflettere nella terra dei cachi? - sul dilemma esistenziale: «Vivere per lavorare o lavorare per vivere»? Si può dare di più, certo, ma anche di meno, e almeno fanno ballicchiare tra i violini dell'Occidentali's karma al tramonto. Voto: 7

Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico
I due coautori (a cui nella serata del venerdì si aggiungerà Alessandro Preziosi) fanno da testimonial alla prova d'autore di nostra signora della canzone, alle prese, finalmente, con una canzone adatta alla sua età e al suo carisma: «Giorno per giorno/ senza sapere/ cosa mi aspetta/ non è in mio potere/... ma voglio vedere». Applausi. Voto: 7

Le Vibrazioni: «Così sbagliato»
La band ritrovata ritrova anche il sound (occhio al Chiaravalli's touch), forse persino la canzone, with a little help from Skin: la pantera nera degli Skunk Anansie è pronta a pigiare sul pedale del rock nella versione reloaded della semifinale. Mica male già così, comunque. Voto: 6

Nina Zilli: «Senza appartenere»
Non decolla - poco strutturata? troppo destrutturata? - la canzone dell'orgoglio femminile montante: «Donna siete tutti e tu non l'hai capito e non è mai cambiato». Voto: 4

Ps. Come di tradizione, i voti sono espressi in media sanremese, ovvero alzati tutti i due punti rispetto a quello che meriterebbero davvero.
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