Lele e Maldestro a Sanremo: cantaNapoli senza stereotipi

Da sinistra, Maldestro e Lele
Da sinistra, Maldestro e Lele
Sabato 4 Febbraio 2017, 22:10 - Ultimo agg. 5 Febbraio, 13:50
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 Scognomato come si usa tra gli «Amici» di Maria De Filippi, Lele (Esposito), vent'anni è il più giovane concorrente del Sanremo 2017 che sta per cominciare. È nato a Pollena Trocchia ma vive, «praticamente da sempre», a Pomigliano d'Arco. Viene dal talent show, ma anche dal conservatorio («mi sono fermato al settimo anno di pianoforte, devo trovare il tempo per finire»), a scombinare lo stereotipo che vorrebbe simili passerelle televisive frequentate solo da cantantini senza né arte nè parte.
Lui ha iniziato a giocare con il microfono a 3 anni e ora è un piccolo sex symbol («ma fidanzato») per tante teenager italiane. Ha composto il brano con cui è in gara, «Ora mai», scritto staccato «per riflettere sul costrutto della parola, sostanzialmente una negazione, per giocare sul doppio significato». E bravo lo scugnizzo. Il padre è poliziotto, gli cantava Tenco e Vecchioni per ninne nanne, lo ha avvicinato piccino alla propedeutica della musica. A 12 anni studiava spartiti classici, poi ha messo giù «per caso» una canzone, «scoprendo un modo per esprimermi. Alle medie ero basso e cicciottello, con i brufoli e la macchinetta, facevo fatica a relazionarmi, suonare e cantare era il mio modo di stare in mezzo al mondo».
Il suo sound è pop, leggermente black («sono della tribù dei neri a metà, devoto al maestro Pino Daniele, il numero uno, non me ne vogliano gli altri»). Ha già fatto da supporter a Emma ed Elisa esibendosi con voce, chitarra e loop station prima dei loro show. Ha già pubblicato un album, «Costruire», che dopo il debutto all'Ariston riuscirà arricchito dal pezzo festivaliero e da qualche altro inedito. Ha già 137.00 fans su Facebook e 425.000 su Instagram. Ha la consapevolezza di chi vuole arrivare lontano: «È divertentissimo fare musica, sono un ragazzo fortunato, e serio, anche se per me è facile, perché studiare musica, farla, scriverla, cantarla, è una gioia».
Nascosto dietro gli occhiali e il nome d'arte, Maldestro, 31 anni, in lizza nella stessa sezione dell'amico per caso («abbiamo persino scritto una canzone insieme durante le fasi eliminatorie, tanto per esorcizzare la tensione») ha tutt'altra storia e suoni alle spalle. Il papà, Tommaso Prestieri, è un boss della camorra, la mamma l'ha portato via da quel mondo e l'ha fatto crescere con ben altri valori:«Quella storia l'ho raccontata a tanti, persino alla Bbc, ora vorrei far notizia per le mie canzoni, far parlare loro e basta. Altrimenti, invece di venirmi a vedere a Sanremo, è meglio seguirmi quando vado nelle scuole e nelle università a parlare di legalità, a fare teatro civile».
Già perché lui al palcoscenico ci è arrivato passando per una voglia di un altro mondo possibile che gli brucia dentro, consumando i dischi di Gaber e De André («è nata persino una polemica in rete perché avevo detto che il Signor G. mi piaceva più di Pino Daniele, comunque grandissimo»), iniziando a vincere tutti i premi cantautorali possibili con un brano che parlava di un operaio che si buttava giù, per protesta, dal tetto del Comune. E poi firmando un album di debutto, «Ho perso le parole», che confermava un talento urgente, ribadito dalla qualificazione festivaliera con «Canzone per Federica», pronta - c'è da scommetterci ad occhi chiusi - per vincere, nella categoria juniores, il premio della critica intitolato a Mia Martini: «I riconoscimenti avuti sono il mio orgoglio, ma prendono polvere a casa. Un applauso, una ragazza che mi chiede di una mia canzone, un ragazzo che la canticchia o suonicchia sono il miglior trofeo, anche alla vigilia di Sanremo». Vigilia in cui lui ha già agguantato un paio di allori: il Premio Lunezia ha segnalato il suo testo come il migliore tra quelli dei ragazzi in lizza e, soprattutto, la Warner l'ha messo sotto contratto: «Così ora non sono più indipendente, ma sempre Maldestro di nome e di fatto, vedrete».
Il secondo album, «I muri di Berlino», ancora in lavorazione, lo mostrerà «in transizione, più canzoni d'amore, ma sempre alla mia maniera, senza dimenticare di metterci dentro la mia vita o il dramma di un piccolo migrante». Uno dei pezzi, «Abbi cura di te», sarà nella colonna sonora del nuovo film di Massimiliano Bruno, «Beata ignoranza», con Alessandro Gassmann e Marco Giallini, in uscita il 23 febbraio.
Lele dice di Maldestro che è «una penna splendida, ha una magnifica sensibilità, è un degno rappresentante della nuova onda cantautorale napoletana». Maldestro dice di Lele che «vorrei suonare la chitarra come lo fa lui. Viene da un mondo diverso dal mio, ma è uno vero, si farà strada». Di Napoli dicono che «non è possibile definirla, nessuno la rappresenta intera» (Lele); che «è giusto che ci sia chi racconta Gomorra e le paranze dei bambini, ma vorrei ci fosse anche chi racconta la Napoli triste e sentimentale e con la pioggia che piace a me e che esiste, le paranze dei bambini per bene. Vengo da Scampia, un inferno, certo, ma anche un posto dove vive soprattutto brava gente. Ci vorrebbe un nuovo Troisi per portare la nostra città lontana dalle retoriche altrui e dal nostro vittimismo» (Maldestro).
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