Se «We wish you a merry Christmas»
è nato nel Mezzogiorno

Se «We wish you a merry Christmas» è nato nel Mezzogiorno
di ​Emanuele Lelli
Venerdì 23 Dicembre 2016, 09:53
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A chi non è capitato, in questi giorni, di ascoltare per caso, in un negozio o in un locale, in tv o in un biglietto vocale dei social, una delle più note e internazionali «canzoncine» natalizie, «We wish you a merry Christmas»?
Il brano, famosissimo, è probabilmente uno dei motivi musicali più diffusi al mondo. Disney ne fece il sottofondo per uno dei suoi più celebri cortometraggi natalizi, «Il natale vien cantando». E del resto, nelle scuole dell’infanzia di tutti i paesi europei e non solo, «We wish you a Merry Christmas», insieme a «Jingle bells», è la canzone di Natale più studiata: quella che davvero «fa Natale», potremmo dire. 

Di questo testo a tutti noto, però, non è probabilmente altrettanto nota a tutti l’origine. Si potrebbe pensare, infatti, che si tratti di un brano commerciale, più o meno recente. Niente di tutto questo: la prima attestazione scritta di questa «Christmas carol» (come definiscono gli anglosassoni le canzoni di Natale) risale addirittura al 1501, nell’Ovest dell’Inghilterra. Il testo, nelle prime versioni che possiamo rintracciare, appare più completo della versione oggi comunemente diffusa. Alcune espressioni attirano in particolare l’attenzione: dopo aver augurato Buon Natale e felice anno nuovo, infatti, il testo, nella versione più antica, recita: «We wish you a merry Christmas/ and a happy new year./ Good tidings we bring/ to you and your kin;/ ...Oh, bring us some figgy pudding,/ and bring it right here./ ... we won’t go till we get some, / so bring it right here./ ... we all like our figgy pudding,/ with all it’s good cheers».
Chi parla - al plurale – sembra rivolgersi ad un interlocutore, che deve regalare un «Christmas pudding», un «dolce natalizio», per ottenere gli auguri di un felice anno nuovo. Chi canta, aggiunge il testo, non se ne andrà finché non avrà ricevuto il dono. 

È stato notato che «We wish you a merry Christmas» non compare nelle antologie di canti natalizi anglosassoni del XVIII e XIX secolo: i padri protestanti che compilavano le raccolte percepivano forse nel testo un simbolismo pagano o un tono meno «natalizio»? Fatto sta che quando ricompare il testo, alla fine dell’Ottocento, la versione quasi unicamente diffusa è quella senza la menzione della richiesta di un dono. Nel 1935, per giunta, Arthur Warrel ne fornisce la versione musicale oggi celebre sostituendo il «We» iniziale ad un «I»: si perdono così del tutto le tracce del contesto originale a cui il brano faceva riferimento.



La canzoncina imparata da milioni di bambini per Natale è dunque un canto di questua originariamente intonato da mendicanti, chissà, con tono persino minaccioso? Sembra, in conclusione, proprio di sì. Ma le sorprese che questo testo ci riserva non finiscono qui. 

Chi penserebbe, infatti, che la tradizione del canto di questua sia legata al mondo anglosassone, probabilmente sbaglierebbe. Un erudito greco, Ateneo di Naucrati (Egitto ellenizzato dell’età dell’imperatore Adriano), ci ha lasciato la straordinaria testimonianza di alcuni «canti di questua» antichi, che presentano indiscutibili analogie con le situazioni immaginate in «We wish you a merry Christmas». Cantori mendicanti, spesso mascherati (da rondini, per esempio), vanno a bussare alla porta di qualcuno per chiedergli cibo. Anche loro, affermano, non se ne andranno finché non gli si donerà qualcosa. In quel caso, doneranno un augurio di felicità. In caso contrario, invece, lanceranno una maledizione. 

Stando ad Ateneo, nonché ad altre testimonianze antiche, questa prassi dei canti di questua era diffusissima in tutto il Mediterraneo greco-romano. La riprova storica e culturale di ciò sta nel fatto che, nelle nostre tradizioni di canto popolare, soprattutto meridionali, i canti di questua sono ampiamente diffusi: dalla Calabria alla Campania, dal Molise alla Sicilia, per Sant’Antonio, per la Candelora, per altre feste cristiane, ci sono noti decine di canti di questua nei quali ritornano i motivi della richiesta di cibo, dell’augurio, o dell’insulto finale a chi non voglia donare qualcosa. 
Fu proprio dal mondo greco-romano mediterraneo, forse, che la tradizione di questi canti di questua, rivisitati in chiave cristiana, si diffuse nell’Europa continentale medievale, fino alla Gran Bretagna, grazie all’opera dei primi predicatori e missionari. Di lì, per ininterrotta tradizione orale, giunsero all’età moderna. 

Uno di essi, «We wish you a merry Christmas», anche grazie ad una fortunata melodia, divenne ben presto il più diffuso canto natalizio sulla bocca di milioni di bambini. Ma, se si sfogliano a ritroso le pagine della storia, si possono scoprire ancora, tra le righe, i motivi e i toni dell’antichissimo canto di questua da cui è derivato. 
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