Torna «Elektra» griffata Kiefer
«Violenza selvaggia in musica»

Torna «Elektra» griffata Kiefer «Violenza selvaggia in musica»
di ​Donatella Longobardi
Venerdì 7 Aprile 2017, 09:47 - Ultimo agg. 10:20
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«È affascinante, sembrano due Sinfonie di Mahler unite in una sola partitura». Non pare tipo capace di adattarsi a facili compromessi Juraj Valcuha. Il maestro slovacco, dopo aver diretto in dicembre proprio una Sinfonia di Mahler (la Quinta), per il suo esordio operistico come direttore musicale principale del San Carlo ha scelto «Elektra» di Richard Strauss che torna a Napoli da domenica (ore 19) per quattro repliche fino a sabato 15 nell'allestimento premiato nel 2003 con l'Abbiati per la regia di Klaus Michael Grüber e le scene e i costumi di Anselm Kiefer. Mercoledì 12, invece, il pranzo pasquale per i non abbienti, realizzato nell'ambito della produzione con la Fondazione Its-Bact. Nel cast Elena Pankratova nel ruolo della protagonista in alternanza con Sabine Hogrefe, Renée Morloc (Clitennestra), Michael Laurenz (Egisto) e Robert Bork (Oreste). Uno spettacolo attesissimo, che il San Carlo ha proposto negli anni passati anche alla Fenice di Venezia e al Teatro Real di Madrid, nato grazie all'intuizione dell'allora sovrintendente Lanza Tomasi di chiamare come autori delle scene importanti artisti contemporanei. 
 

 

Tra i titoli lirici affidati a Paladino, Paolini e Hockney, non è un caso se Kiefer sia stato scelto per il dramma il cui libretto firmato da Hugo von Hofmannsthal è tratto da Sofocle: la storia di Clitemnestra che con l'aiuto dell'amante Egisto ha ucciso il marito Agamennone appena tornato dalla guerra di Troia e, accusata dalla figlia Elektra, viene trucidata dal figlio Oreste. «Una storia attualissima, che richiama l'umanità votata all'autodistruzione, simbolo di un dolore universale e a quello per il dramma dell'Olocausto che univa Kiefer al regista Gruber», sottolinea la sovrintendente Rosanna Purchia confessando che da anni tentava di riportare in scena quest'allestimento senza purtroppo riuscirvi. Questa volta invece, anche con il supporto del direttore artistico Paolo Pinamonti finalmente si sono create tutte le condizioni per rimettere in scena questo spettacolo: «Un'occasione che univa nel dolore per il passato della comune patria tedesca l'artista e il regista, già giovanissimo in Italia alla scuola di Strehler che frequentava di giorno mentre di notte, per mantenersi agli studi, lavorava come facchino alla stazione centrale di Milano». Un personaggio eclettico, scomparso nel 2008, la cui attività è stata ripresa in questa occasione da Ellen Hammer insieme a Michele Sorrentino Mangini e a Christoff Wiesinger, assistente di Kiefer per scene e costumi.

«Ma non erano scene, questa era una vera e propria opera d'arte messa là sul palco», osserva Lia Rumma che ha collaborato attivamente sia alla nascita dello spettacolo che a questa ripresa e rappresenta da oltre trent'anni in Italia l'artista tedesco: «Kiefer ha anche usato il mio volto per una sua opera, La Bella della Senna, ispirata a una leggenda francese legata a una bellissima donna morta suicida nel fiume di cui s'innamora un becchino il quale scopre che non è morta davvero, una sorta di mistero che ha affascinato il pittore e scultore tedesco, profondamente innamorato di Napoli». Kiefer, infatti ha frequentato molto la città non solo in occasione della messa in scena al San Carlo. «In queste zone può affondare le mani nel mito, ha visitato Pompei, i Campi Flegrei, ed è stato molto colpito dalla Piscina Mirabilis la cui luce particolare ha ispirato il suo ciclo dedicato alle Odi Navali. Due tele di questa collezione sono esposte a Capodimonte: Mare Nostrum e Hero und Leander», racconta ancora la Rumma ricordando come Kiefer sia restato particolarmente legato alla installazione creata per «Elektra» tant'è che ha riprodotto nella sua tenuta-studio di Barjac, duecento acri in una campagna nel Sud della Francia vicino Nîmes, una casa di Elektra con i monumentali container bianchi e figure di donne abbigliate con pepli di gesso che riprendono proprio il colpo visivo di grande effetto della installazione sfondo dell'opera. Un'ora e quaranta minuti di musica, tutta d'un fiato, che Valcuha definisce un capolavoro assoluto. L'unità di tempo e spazio, ma anche il fatto che tutto il dramma si svolga nell'arco di poche ore, conferisce potenza all'insieme, una violenza selvaggia che Strauss riesce a tradurre in musica. In questo contesto l'orchestra ha un ruolo molto importante, insieme stiamo lavorando con entusiasmo. Per un gruppo abituato ad eseguire soprattutto il repertorio italiano è importante affrontare queste partiture, ma è importante anche eseguire Wagner, il mio obiettivo è riuscire a mettere tutti allo stesso livello».

Anche per questo durante le prove il maestro non ha guardato l'orologio, ma anche i professori dell'orchestra hanno seguito senza problemi gli approfondimenti richiesti dal podio con questa o quella sezione anche superando l'orario preventivato.
D'altronde Valcuha, rapito dal fascino di «Elektra», riesce a trasmetterlo con passione: «Strauss era un compositore straordinario già dalle sue prime opere, ma è con Salome che assesta un colpo di genio. Finalmente aveva trovato un testo all'altezza della sua arte. Elektra s'inscrive su questa scia, contiene tutto un mondo».

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