Tiziano Ferro e il nuovo album: «Cara depressione, ti canto e ti esorcizzo»

Il nuovo album «Il mondo è nostro» mostra la star tra dediche ai figli e accuse all'Italia sui diritti civili

Tiziano Ferro e il nuovo album: «Cara depressione, ti canto e ti esorcizzo»
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Martedì 8 Novembre 2022, 09:01 - Ultimo agg. 10 Novembre, 11:17
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Confessa di aver vissuto, Tiziano Ferro, condensa nella sua voce scura, corposa e carnosa, gli oscuri pensieri che hanno attraversato i suoi anni. Ti parla, via Zoom, dall’America, ma ti spiega che lui l’America nemmeno la conosce: «Mi sono trasferito a Los Angeles nei giorni in cui veniva eletto Trump, ma, come tutti, qui non me ne sono accorto». L’Italia gli sembra lontana, per «quei diritti a rischio, per quelli mai conquistati, per chi aspetta da anni di poter adottare, parlo anche delle coppie etero, dei single, di chi vola in Spagna per allargare la sua famiglia. La società è molto più avanti della politica». Non ne vuole fare una questione politica, anche se una canzone come «La prima festa del papà» affronta un tema scottante. Il suo ottavo album, «Il mondo è nostro», in uscita venerdì, è denso, emozionante, leggero perché sa andare in profondità, profondo perché non disconosce il piacere epidermico. È pop, soul, urban, melodico, elettronico, swing, «tzn style» insomma. Ammette la depressione parlandole come a un’amica bastarda, come fa in «La vita splendida», singolo di lancio scritto con Brunori. 

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Partiamo dai duetti: più che «feat», come si dice nell’«intronata routine del cantare leggero» (copyright Panella per Battisti), sembrano veri dialoghi.
«Lo sono, io mi avvicino all’artista con cui voglio duettare, parto da lontano, come ho fatto con Caparezza (“L’angelo degli altri e di se stesso”) parlando di autocommiserazione o con Vecchioni, un mio mito con cui divido una canzone swing sulla fragilità de “I miti”.

Ho riportato Ambra Angiolini in sala di registrazione per una canzone che è la storia del nostro rapporto (“Ambra/Tiziano”). Con thasup ci siamo annusati, conosciuti e frequentati su Instagram, senza mai vederci in faccia».

Tha Supreme ha 21 anni meno di te. È stato facile intonare versi come «non stoppo ‘sto joint».
«Con lui è stato spontaneo e divertente, nel suo rap avverto la passione per il soul, la mia matrice».

E Sting?
«Non mi sarei nemmeno sognato di poter ambire a una collaborazione del genere. Era nella sua casa in Toscana quando un amico comune mi chiamò perché stava ascoltando una mia canzone. Così ci siamo messi in contatto e lui mi ha chiesto se sarei riuscito a dire qualcosa sulla fatica che si fa per stare insieme. Mi ha chiesto di entrare io, in italiano, nel suo brano, in inglese. Una cosa molto generosa».

Non dico l’ex Police, ma qualcuno di questi ospiti potremmo vederlo nel tour più volte rimandato che finalmente dovrebbe partire il 7 giugno 2023 da Lignano Sabbiadoro per arrivare a Napoli il 28?
«Magari, io li inviterò tutti, vedremo. E ritengo ancora valida la promessa che aveva fatto Massimo Ranieri di raggiungermi allo stadio Diego Armando Maradona. Per me in uno show l’importante è la scaletta. Manco dal 2017, la scaletta sarà al servizio del pubblico, un concerto è un posto dove vai per cantare le canzoni che la gente vuole ascoltare. È quello che farò, con un po’ di pezzi nuovi, certo. Non sarò mai uno che porta in giro il disco nuovo a discapito dei suoi hit».

Nonostante thasup non rincorri mode e ragazzini?
«Jovanotti mi ha fatto capire che giochiamo in altri campionati, quelli dei classici».

Per questo nel brano che dà il titolo al disco canti «Siamo ancora qui»?
«Sì».

Affronti temi scomodi, come la depressione, amante tossica abbandonata in «Addio mio amore». Un esorcismo?
«A 28 anni sono andato in terapia, ma volevo curare i miei disordini alimentari e negavo l’evidenza, la dipendenza dall’alcool. Oggi sono sobrio da sei anni, la mia felicità nasce dalla depressione, ho pagato con la solitudine la mia sincerità».

Poi c’è «La prima festa del papà».
«La paternità, la famiglia messa in piedi con mio marito Victor Allen, è la cosa più bella che mi sia successa, ma a un certo punto mi ero convinto anche io che non sarebbe mai successo».

In Italia dal nuovo governo si parla di «famiglie normali» e non.
«Ognuno è libero di pensare quello che vuole. Io ho bambini che stanno crescendo circondati d’amore, devo educarli e non ho tempo per spiegare a nessuno se io posso o meno essere padre. Siamo indietro. C’è urgenza di alzare l’asticella e lo si deve fare a prescindere dalla direzione politica: non credo sia cambiato molto con il nuovo esecutivo. L’Italia è un Paese che ha bisogno di costruire e di crescere, mi auguro non si perda tempo a distruggere. Io parlo di una storia fatta di due padri, ma non c’è bisogno di arrivare a quello per capire quanto siamo arretrati. Ma sono ottimista: gli slogan sono una cosa, ma sarebbe assurdo dedicare tempo a peggiorare la condizione di qualcuno. Togliere diritti a qualcuno non migliora la condizioni di nessuno».

A Margherita e Andres, nati nel 2021, dedichi «Mi rimani tu» e «A parlare da zero».
«Nel secondo pezzo si sente anche la voce del mio piccolo, lo cantavo tenendolo in braccio. In Italia i miei figli avrebbero diritto a metà del presidio genitoriale, se si sentissero male Victor non potrebbe assisterli in tribunale».

«Il paradiso dei bugiardi» parla di haters.
«Sì, ma anche del peggior hater che io conosca: me stesso».

Ti rivedremo a Sanremo?
«Al momento direi proprio di no». 

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