«Quella sera Pavarotti
mi baciò sul serio»

«Quella sera Pavarotti mi baciò sul serio»
di Donatella Longobardi
Giovedì 17 Agosto 2017, 09:00 - Ultimo agg. 21:04
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«La sua voce? Un dono di Dio». Raina Kabaivanska ricorda Luciano Pavarotti a dieci anni dalla scomparsa. Un amico, un grande partner, ma soprattutto quella «voce» che fece grande la lirica italiana nel mondo. Come lui, in tempi e condizioni diverse, solo Caruso era riuscito a catalizzare enormi folle e a diventare un simbolo dell'Italia in musica conosciuto a tutte le latitudini. «Era davvero unico», chiosa il celebre soprano di origini bulgare, modenese d'adozione per aver sposato un farmacista appassionato d'opera della stessa città di Big Luciano. Saranno i suoi allievi, insieme a quelli di un'altra storica partner di Pavarotti, Mirella Freni, ad esibirsi il 12 ottobre (il giorno del compleanno) in ricordo del tenore scomparso al teatro Comunale di Modena, oggi Teatro Pavarotti, dove lo omaggerà anche il suo fidato accompagnatore, Leone Magiera. Il clou delle celebrazioni a Modena, è in programma il 5 settembre con l'esecuzione della Messa da Requiem di Verdi nel Duomo dove nel 2007 si svolsero i funerali del tenorissimo. Il capolavoro verdiano, cavallo di battaglia del tenorissimo, verrà eseguito dall'Orchestra dell'Opera italiana di Stefano Ranzani, solisti il tenore Lorenzo Decaro, il soprano Myrtò Papatanasiu, il mezzo soprano Silvia Beltrami, il basso Alex Esposito. Il 6 settembre, giorno della scomparsa, il grande evento all'Arena di Verona con divi della lirica e del pop.

Un evento come forse a lui sarebbe piaciuto ma che rinnova la querelle sull'eredità Pavarotti: star del pop o della lirica, signora Kabaivanska?

«Ma che domande, Pavarotti era il re della lirica. Una voce così era un dono di Dio».

Il vostro primo incontro?

«Al concorso Peri a Reggio Emilia negli anni Sessanta, io avevo vinto per le donne, lui per gli uomini. Ma poi le nostre strade si divisero. Ci ritrovammo negli anni 74-75. Io ero già al Met, lui debuttava a New York con Rigoletto. Sentii una voce straordinaria e andai a curiosare. Lui ricordava tutto di quel concorso, mi disse: C'eri anche tu, eri una bella gnocca».

Oggi c'è un Pavarotti all'orizzonte?

«Ci sono tanti bravi giovani tenori, alcuni anche molto dotati».

Come lui nessuno?

«Ognuno ha una sua cifra, Luciano naturalmente aveva la sua, direi dirompente».

Lei segue molti giovani quindi conosce il mondo della lirica oggi, cosa ne pensa?

«Che sono cambiati i rapporti. Fino a qualche decina d'anni fa c'era un rapporto che si svolgeva su un piano etico, di rispetto umano. Oggi purtroppo questo manca».

Il rapporto con Pavarotti?

«Insieme siamo stati una coppia stellare, abbiamo cantato decine e decine di volte insieme, sempre Tosca. Era l'unica opera comune dei nostri repertori, io sono sempre restata in un campo lirico-lirico. Siamo stati Floria Tosca e Mario Cavaradossi in tutti i più grandi teatri del mondo: il Metropolitan a New York, il Covent Garden a Londra, e poi, Vienna, la Scala...».

E il San Carlo!

«Il più bel teatro del mondo! Ero giovanissima quando vi debuttai. Mi chiamò l'allora sovrintendente Pasquale Di Costanzo per un'opera sconosciuta di Berlioz Benvenuto Cellini».

Poi, negli anni lei è diventata un'habitué. Ora l'attendono per una partecipazione in «My fair lady»

«Mi dispiace, non ci sarò, non canto in inglese, lo avevo già annunciato al teatro, non ci sono le condizioni per un ritorno. Ma ho amato molto il teatro, la città, il pubblico. Chissà che un giorno non torni davvero».

E quella «Tosca»?

«Sa, in genere ho pessima memoria...».

Era l'apertura di stagione 96-97 sul podio c'era Daniel Oren. Pavarotti aveva scelto di cantare in Italia solo al San Carlo. «Un Ballo in maschera» l'anno precedente, poi «L'elisir d'amore», alcuni concerti e «Tosca».

«Già... c'era una recita il 15 dicembre, il giorno del mio compleanno. Come sempre al termine dello spettacolo gli applausi non finivano mai. Lui si presentò alla ribalta con due coppe di champagne e l'orchestra suonò Happy birthday».

Un compleanno singolare, e poi?

«Posso dire che lui aveva problemi con le gambe, si reggeva in scena sulla spalliera di una sedia. So che successivamente, nell'Elisir fece partecipare il suo cameriere come comparsa, in modo da averlo vicino in caso di necessità. Ma la voce era da Dio. Nel primo atto, nel duetto d'amore, mi arrivò addosso, mi schiacciò con quel suo pancione e mi baciò sul serio!».

Non erano baci di scena?

«Macché! Lui aveva quella bocca grande, mi prese fino al naso! Fui costretta a voltarmi e a pulirmi! Sembrava si divertisse un mondo...
Così dopo andai nel suo camerino per lamentarmi e raccontai tutto. C'era anche Nicoletta, da poco si parlava della loro love story. Lei sbiancò, lui diventò ancora più bianco. Ma non l'ha fatto più».
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