Pino & friends: duetti virtuali, emozioni reali

Pino & friends: duetti virtuali, emozioni reali
di Federico Vacalebre
Venerdì 8 Giugno 2018, 07:00 - Ultimo agg. 13:49
5 Minuti di Lettura

Perché alla fine, ma anche all'inizio, quello che conta è lui, quello che canta è lui, e noi gli facciamo il coro. Cronaca di un concertone virtuale, di una festa per il grande assente: a furia di ripetere «Pino è», Pino ruba il palcoscenico al gotha del pop italiano, e nessuno protesta, anzi.
 

 

Apre Siani, ed è ancora giorno, chiude il coro commosso di «Napule è», ed è notte fonda, in mezzo ci sono emozioni veraci e stemperate dal gusto mainstream di Raiuno, ma, soprattutto, c'è lui Giuseppe Daniele, che se n'è andato via quattro anni fa, per restare qui. «Stasera Napoli abbraccia il suo grande destino, il suo cuore che vive nei pezzi di Pino, Pino Daniele il più grande guaglione e fratello, stasera Napoli facciamo burdello», arringa come un laico sacerdote rap Lorenzo Cherubini - che allo stadio San Paolo c'è stato due volte con il Nero a Metà (1994, con Eros, e 1998) e poi ci è tornato nel 2015, di nuovo con Ramazzotti - con il sassofono di James Senese a piangere nella notte dei lazzari feriti, quarantacinquemila tra prato e tribune (dove siedono De Laurentiis, Malagò, Montezemolo), chissà quanti davanti alla tv, davanti alle radio che trasmettono la diretta a reti praticamente unificate. È lui a dare il via al sabba, alla Piedigrotta Daniele, è lui ad accettare la sfida del primo duetto virtuale, a mostrare la strada alla serata: «Yes I know my way», la voce di Pino, la chitarra di Pino, il motore ritmico della sua superband. «San Paolo ci sei? Yes I know, yes I know my way... Si ricomincia da Pino, la Napoli migliore». Migliore di così solo quando c'era ancora e davvero l'Uomo in blues e quanto blues in gola, quanta appocundria, ma anche quanta gioia e pazienza per le stonature, l'eccesso di retorica e le concessioni al telespettacolo, c'è una tribù che balla ed è quella di Pinotto, è quella di Troisi il cui volto e nome compare più volte nella notte che è tenera e feroce, come l'assenza che è un assedio, come la presenza che è balsamo sulle ferite ma non le sana. L'elenco degli artisti e delle canzoni è impressionante, anche lasciando fuori i testimonial come Salemme, come Panariello, il pessimo Brignano per cui il quartiere Prati a Roma sta alla Sanità di Napoli.



In quattro ore di show succede di tutto, di più: Antonacci («Che Dio ti benedica», poi il duetto di «Che male c'è» con la Amoroso), Sangiorgi-Emma («Quanno chiove»), De Gregori che ricorda quanto il Mascalzone Latino amasse «Generale» e ci aggiunge il napoletano lingua resistente di Avitabile, prima di tornare con la moglie Chicca per un altro omaggio, «Anema e core».



Senza nulla togliere alla resident band diretta da Scarpa i due neapolitan dream team spaccano il ritmo, hanno il groove nel sangue: insieme o separati, ecco Senese, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Gigi De Rienzo, Fabio Massimo Colasanti, Elisabetta Serio, Ernesto Vitolo, Rosario Jermano, Agostino Marangolo, Tony Cercola. I tre gruppi si alternano, le voci di più, i gruppi si fondono, le voci di più, quelle femminili brillano - per intonazione, per intensità, per dialetto quando serve - più di quelle maschili: bene soprattutto la Mannoia, Elisa, la Nannini, la Vanoni naturalmente. Per lo stadio, e non sembri un paradosso, il meglio sono gli intervalli pubblicitari, quando vanno in onda i filmati del Mascalzone Latino: chi può dargli torto?



Giorgia è sola per «Questo immenso», Ramazzotti è solo per «'O scarrafone» - con quel verso, «questa Lega è una vergogna», applauditissimo - e «A testa in giù», poi lo raggiunge Jova, «A me me piace o blues» e anche ai quarantacinquemila, si intende.
Baglioni sceglie l'intimismo di «Alleria» e «Io dal mare», la rossa Fiorella cesella «Sulo pe' parla'» e «Senza e te», poi Venditti, Nannini (con Elisa «Je so pazzo», sola «Anna verrà»), Clementino («'Na tazzulella e cafè»), l'evitabilissimo intervento de Il Volo, Zampaglione-Vanoni («Anima»), Ranieri («Cammina cammina», poi «Sicily» con Sangiorgi»), Emma (il duetto virtuale di «Io per lei» e quello reale con Renga), di nuovo la Amoroso, Irene Grandi e il duetto virtuale di «Se mi vuoi», Marione Biondi con Il Volo in «Notte che se ne va». Ma la notte non se ne va, è tenera nella «Terra mia» di Mannoia-Sangiorgi (un bravo anche a lui), si riaccende per Enzo Avitabile e l'apoteosi di «Tutta n'ata storia», si illanguidisce tra i «Lazzari felici» di Teresa De Sio e Paola Turci. Ancora J-Ax, poi il finale è verace: Gragnaniello e Senese sanno che chi tene o mare nun tene niente, la Nuova Compagnia di Canto Popolare e Raiz sanno comme fa o core quando arriva il momento di «Donna Cuncetta». E poi, poi, Napule è mille culure, Napule è a voce d''e criature che saglie chianu chianu e quella dei quarantacinquemila, e chissà quanti davanti alla tv e le radio, che saglie forte forte: Pino, Pino, Pino. Perché Pino non c'è più. Perché Pino è.

© RIPRODUZIONE RISERVATA