Michele Bravi: «Pop fragile tra Carla Bruni e Oliver Sacks»

Nel nuovo album il duetto con l'ex première dame di Francia

Michele Bravi
Michele Bravi
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Giovedì 18 Aprile 2024, 10:49
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La realtà e la realtà percepita. Quello che «vediamo» quando non possiamo guardare. «Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi» è il nuovo album di Michele Bravi, pop orgoglioso della sua fragilità, come racconta il ventinovenne di Città di Castello, che intanto tiene banco come giudice di «Amici».

Un disco-confessione, Michele?
«Sono lento nello scrivere e le canzoni non venivano.

Ero vittima del blocco del cantautore: mi mettevo davanti al pianoforte, ma non mi usciva niente. Poi ho fatto un corso che è diventato più che altro un gioco e, tra una lettera scritta a me stesso e la scelta di lavori immaginari per i quali calarmi nella parte, mi sono sbloccato».

E cosa ne è venuto fuori?
«Una sorpresa che mi ha immerso in domande, metafore e sinestesie: quanti spettacoli vediamo mentre viviamo? Quanti quadri stiamo dipingendo? Io sono un disastro a disegnare ma dentro ho quadri bellissimi. Sarei un disastro a dirigere dei film, ma dentro di me ne ho di così intensi che al confronto Nolan sembrerebbe un dilettante».

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Il disco, copertina di Mauro Balletti, rubato per una volta a Mina, è liberamente ispirato agli scritti di Oliver Sacks. Ma le «melodie della vita interiore» spuntano anche da un girovagare tra Parigi, Londra, Amsterdam e Milano. Da Parigi ti sei portato anche la voce dell'ex premiere dame.
«Ho scritto "Malumore francese" pensando a lei. Gliela ho mandata e, incredibile a dirsi, pochi giorni dopo ci stavamo lavorando sopra una stanza d'albergo a Milano, quello dei soggiorni di Giuseppe Verdi».

Giuliano Sangiorgi firma il testo di «Ti avessi conosciuto prima».
«È un brano ormai invecchiato di cui ci eravamo dimenticati io e lui. È rispuntato fuori al momento giusto e me lo sono goduto facendo il bravo, spero, interprete».

«Umorismo italiano» sembra rispondere alla tua immagine di «cantante triste», ingiusta fama che un tempo toccò al grande Sergio Endrigo.
«Ci scherzo su. Da una parte c'è in me un alone di poeticità, perché sono un po' snob. Ma non sono solo quello: vorrei scrivere un testo un po' da poetessa e un po' da pornostar».

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«Li capisco. A 18 anni mi davano del fallito, anzi dicevano che non vendevo, ma non avevo le armi per capirlo, ora va un po' meglio».

Ma cosa c'è del neurologo Sacks nel tuo mondo visto ad occhi chiusi?
«La costruzione in tre capitoli. Il primo, dedicato allo sguardo, parla di cosa vorremmo vedere con gli altri. Poi c'è l'immagine, ovvero cosa vediamo degli altri. Infine l'iride e quello che cerchiamo di non far vedere agli altri. È come una tela bianca su cui proiettiamo mentalmente un disegno senza realizzarlo».

Con un titolo come «Mi sono innamorato di te» viene in mente Tenco.
«Certo, ma senza paragoni impossibili. L'ho regalato al mio compagno per Natale».

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