Maria Agresta torna al San Carlo: «Canto per le donne vittime delle violenze»

Maria Agresta torna al San Carlo: «Canto per le donne vittime delle violenze»
di Donatella Longobardi
Domenica 17 Dicembre 2017, 12:07 - Ultimo agg. 12:08
4 Minuti di Lettura
«Sono una romantica inguaribile, quando penso alla mia terra le emozioni si moltiplicano». Maria Agresta torna al San Carlo mercoledì 20 (ore 18) per il concerto di Natale con Juraj Valcuha sul podio dell'orchestra di casa. In locandina celebri brani d'opera e intermezzi lirici di autori italiani: Verdi, Puccini, Mascagni, Giordano e Wolf Ferrari. Un evento particolare perché la mattina nel foyer si ripeterà l'ormai tradizionale pranzo per i poveri e parte dell'incasso del concerto sarà devoluto in beneficenza. «Per me è una occasione speciale», nota il celebre soprano di Vallo della Lucania, che arriverà a Napoli martedì. Oggi è ancora a Chicago dove è Liù nella «Turandot» in scena alla Liric Opera diretta da Sir Andrew Davis, una delle eroine che più caratterizzano la sua carriera nei grandi teatri europei e americani.

Ma in Italia lei canta raramente.
«Purtroppo da noi si programma con poco anticipo, gli stranieri preparano i cartelloni molto tempo prima e io ho un carnet fitto: Leonora al Met, Mimì a Londra, Alice nel Falstaff a Berlino con Barenboim in una nuova produzione dove mi reincontrerò con Mario Martone dopo l'Oberto, conte di San Bonifacio fatto insieme alla Scala qualche anno fa. Con Martone ho un bel feeling. Lui tra l'altro ama moltissimo il Cilento, la mia terra...».

Il concerto a Napoli è un'occasione per tornare a casa?
«Solo pochi giorni, il Natale lo passerò in Svizzera dove vivo con mio marito».

Lei ama cucinare i piatti della tradizione, per fine anno cosa prepara?
«Vedremo, mi piace mettere le mani in pasta. E poi che Natale è senza gli struffoli?».

E il San Carlo?
«Naturalmente è un po' casa mia. Vi entrai la prima volta venticinque anni fa, una gita con la scuola, avevo sedici anni. Lo ricordo ancora quel momento. L'emozione, le lacrime che mi uscivano senza controllo, i miei compagni mi guardavano senza capire... mi sembra ieri».

Poi è tornata negli anni scorsi.
«Sì, per Bohème e il Requiem di Verdi».

E nel futuro?
«Pensiamo a un'opera, ma per ora nulla di preciso. Anche a Salerno, al Verdi, dove ho debuttato e lavorato molto con Daniel Oren sono di casa. Mi vorrebbero più spesso, il mio desiderio è trovare uno spazio da riservare alla mia regione. L'anno prossimo ho un solo impegno in Italia, una Messa da Requiem diretta da Mehta a Palermo».

Però ora c'è il concerto della mattina di Capodanno alla Fenice in diretta su Raiuno con Myung-Whun Chung sul podio.
«E ne sono contentissima, mi hanno chiamato per la seconda volta dopo il successo del 2015. Alla Fenice il concerto sarà in locandina per cinque giorni consecutivi, dal 28 al primo gennaio. Un bel tour de force. Ma va bene così».

Il programma?
«Ricalca quello del San Carlo. Gianni Schicchi, di cui nel 2018 si celebrano i cent'anni, con la celebre: O mio babbino caro. E Madama Butterfly: Un bel dì vedremo. E per concludere e fare gli auguri per il nuovo anno a Venezia è tradizione il brindisi dalla Traviata».

A Napoli comunque il suo programma è più ricco. C'è anche l'aria di Liù e poi quella di Desdemona, un ruolo che l'ha vista protagonista al fianco di Jonas Kaufmann nell'«Otello» al Covent Garden diretto da Pappano.
«E in più forse ci sarà una sorpresa napoletana... Con il direttore abbiamo scelto di inserire nella scaletta La canzone del salice, il mio amatissimo Verdi. Un momento particolare che proprio nei giorni di festa del Natale voglio dedicare a tutte le donne, soprattutto a quelle che si sentono minacciate o vittime di violenza. Quando una donna muore per mano di un uomo tutte le altre ne sono partecipi, tutte siamo figlie, mogli, sorelle...».

E le eroine che lei interpreta sono spesso vittime.
«Già. L'opera non è finzione, è vita. Nulla come il teatro d'opera mette in scena drammi e situazioni reali. Si raccontano i sentimenti più veri, l'amore, la gelosia, il perdono. Per questo credo sia importante che si mettano in evidenza le emozioni positive che la musica suscita grazie all'azione catartica dell'arte».

Insomma, la musica, l'opera, possono migliorare le persone?
«Perché no? Questi drammi aiutano a entrare nel cuore dei protagonisti. Mi sento vicina alle tante Mimì, Liù, Leonora, Desdemona... E spero di trasmettere al pubblico gli stessi sentimenti. Per una sera la vita di questi personaggi diventa la mia».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA