Cantanapoli in lutto:
è morto Mauro Caputo

Mauro Caputo
Mauro Caputo
di Federico Vacalebre
Giovedì 25 Maggio 2017, 12:25 - Ultimo agg. 26 Maggio, 14:36
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Sarebbe ingiusto ridurre la carriera di Mauro Caputo, scomparso ieri a 73 anni nella sua casa di Casoria, ad una sola canzone, ma sarebbe ingiusto anche non sottolineare lo straordinario successo di un pezzo come «Pe’ sempe», il primo, e più grande hit , del cantante, trait d’union tra la generazione veteromelodica che aveva scandito gli anni del Festival di Napoli e quella neomelodica successiva.
Era il 1978, si diceva che la canzone napoletana fosse morta dopo l’autoprocurato aborto degli ultimi scandali festivalieri e la gestione folkloristico-clientelare del settore da parte di manager e assessori vari. Pasquale De Rosa e Vittorio Orabona avevano scritto questo pezzo dolente, scuro, apparentemente l’ennesima, inutile se non falsa, promessa d’amore eterno. Caputo la cantò con sensuale profondità e appeal bruniano, nei vicoli del centro storico e nelle periferie non si sentiva altro, divenne un successo andando anche oltre i confini regionali, prima su 45 giri (sul retro c’era «Senza gelusia»), poi dando nome a un lp (dentro c’erano anche «T’aggia scurda’», «Canzone pe’ Maria»”, «’A voce de marrucchine») che vendette almeno duecentomila copie (per non dire delle cassette false), e quindi - nel 1982 - a un film diretto da Gianni Crea. Un b movie, un musicarello verace con Françoise Perrot, Mario Brega, Antonella Lualdi, Lucia Cassini. Mauro era il ragazzo con la passione per il canto che voleva sposare Maria e si trovava sulla sua strada un boss.
Quella fu la sua unica avventura cinematografica, non era portato per la recitazione Caputo, ma con Mario Merola, con Pino Mauro, con Mauro Nardi, con Mario Trevi, era ormai diventato la star delle feste di piazza e delle cerimonie nuziali.
Fu difficile per lui ripetere e gestire l’exploit, così spontaneo e naturale da ricordare l’antico rito piedigrottesco. La canzone si impose anarchicamente tra i classici moderni, rilanciata ai matrimoni e consegnata ai posteri da giovani colleghi, ma anche dagli Avion Travel di Peppe Servillo. Nella sua discografia titoli come «Bene carnale», «’A celentana», «Tu chiagne», «Malepensiero», ma anche le sue versioni di «Carmela» e «’A rumba de scugnizzi» affiancano tentativi di afferrare i treni del momento come «’O capoclasse» o «’A storia d’’o pittore», su un mercante d’arte che ritrova in casa di una signora un quadro che raffigura la madre, scoprendola così amante dell’autore del dipinto.


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