La Zero al Mattino: «Più di Sanremo mi interessa fare teatro»

La Zero al Mattino: «Più di Sanremo mi interessa fare teatro»
di Federico Vacalebre
Sabato 5 Gennaio 2019, 12:00
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C'è rimasta male, «quella sera», La Zero, alias Manuela Zero, da Piano di Sorrento. «Non sapevo se ero adatta a Sanremo Giovani, ma arrivare a un passo dall'Ariston, in un'edizione del Festival in cui non ci sarà differenza tra big e ragazzi, mi aveva drogata», confessa lei, i begli occhi nascosti da un paio di occhialoni, e pronta per le prove del Concerto dell'Epifania che l'ha portata a Napoli: ieri sera ha riproposto al teatro Mediterraneo «Nina è brava» in versione orchestrale, insieme a «L'amore rubato» di Luca Barbarossa.

«Nina è brava» è la canzone di «quella sera»: «Quando mi hanno fatto fuori mi sono interrogata, mi sono chiesta che cosa avrei potuto fare di diverso, mi sono depressa. Mahmood è bravissimo e aveva una bella canzone, la scelta di Einar l'ho capita di meno, ma ho preso atto del seguito importante che ha. E io? Potevo scegliere un tema più leggero, mostrare le tette, fare trap? Non credo, canto perchè ho delle cose da dire, scrivo di pancia, per portare in scena le mie canzoni», spiega lei, classe 1984, alle spalle già un bel po' di gavetta, tra scuola di ballo (San Carlo), conservatorio (San Pietro a Majella), le prime esperienza da attrice a cinema e in teatro, poi Sanremo Giovani, con la filastrocca di una bimba che cresce nel carcere dov'è rinchiusa la sua mamma: «Nina cerca di rendersi conto del posto in cui si trova, si fa le domande che fanno i bimbi come lei, che ha cinque anni, e non sanno come va il mondo. Solo che il suo mondo è piccolo, stretto, è... una galera della quale lei è prigioniera innocente. Ma io sono brava, portatemi al mare, prega alla fine».
 


Ora, dimenticata l'amarezza di Sanremo Giovani, c'è un nuovo singolo, da lanciare entro il mese, «meno importante come tema, ma egualmente pensoso, con una vena di malinconia». Lei è fatta così, anche se, magari per dare retta a chi la vuole «più leggera, facile, easy», nella scorsa estate si era concessa il tormentino dance di «Kitch & chic», un video in costume (mammà l'ha fatta decisamente bene), accenni giocosi alla Carrà e a Salvini. Un pezzo quasi da Myss Keta, una direzione rapidamente abbandonata: «Sto lavorando al mio album, è un passo difficile, ormai si procede per canzoni, per singoli, ma io vorrei concedermi il passo narrativo di chi quelle canzoni le mette insieme, come racconti che messi insieme fanno un libro, come personaggi che messi insieme fanno una storia. E portare tutto poi in un teatrino: è quello il mio sogno».

Storie importanti quelle che lei canta, se fosse stata promossa tra i Campioni dell'Ariston ne avrebbe raccontata una, vera, di amore al tempo dell'Alzheimer: «Anche la cover di Barbarossa che ho scelto per l'esibizione napoletana affronta un argomento forte, quello della violenza sulle donne.
Che è inaccettabile ma, lo dico da donna, una cosa è uno stupro, un'altra è un porco che prova a portarti a letto in cambio di un film, un disco, una particina. Servono donne forti che sappiano dire no, e sì solo a chi vogliono loro: per amore o per sesso, non per convenienza, perché così fan molte. E non è un caso che non abbia detto tutte».

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