Jack White, "Lazaretto" e il ritorno al futuro con un "ultra lp"

Jack White
Jack White
di Federico Vacalebre
Lunedì 2 Giugno 2014, 20:36 - Ultimo agg. 20:56
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Per chi ama davvero il rock e il vinile il vero Record Store Day quest’anno posticipato al 10 giugno, data di arrivo nei negozi-panda da proteggere di Lazaretto, nuovo album di Jack White, l’ultimo dei rocker, che uscir anche in versione vinilica ultra lp, con una parte che gira a 33 giri, una a 45 e una addirittura a 78. «Mentre stavamo missando il lavoro ho iniziato ad avere delle idee sulla progettazione dell’lp, e su quello che avremmo potuto fare in maniera diversa... Cose mai fatte prima», spiega l’ex White Stripes che promette due ghost tracce celate sotto l’etichetta al centro del vinile, una facciata (la A) che gira al contrario, dall’interno verso l’esterno, una introduzione doppia della prima traccia del secondo lato con inizio elettrico o acustico, una facciata nero luccicante standard ed un’altra nero opaco, per finire con l’ologramma di un angelo disegnato da Tristan Duke che compare sul lato A. E non basta: le scalette e i missaggi di cd e lp sono diversi, nella versione in vinile la masterizzazione non prevede alcun tipo di compressione audio.

Ma, una volta messo sul piatto l’ultra lp, nel lettore il cd o in qualsiasi altra tecnologia voi vogliate l’mp3... «Lazaretto» spinge a badare al contenuto e non alle forme, anzi ai formati: sano, anzi perverso, rock d’altri tempi, anzi di questi tempi. Un anno e mezzo di lavoro, iniziato nel 2012, durante i ritagli di tempo del tour di «Blunderbluss», il primo album da solista dopo i lavori con i Raconteurs e i Dead Weathers. Jack è entrato in studio con i Buzzards e le Peacocks con la volontà di «catturare un certo spirito mentre eravamo ancora in tour, ancora elettrici». «Siamo una band», ha detto Jack ai suoi musicisti, «e allora registriamo come farebbe una band!»: «Non volevo finire col doverci ripresentare da capo perché era passato troppo tempo dall’ultima volta che ci eravamo visti. Abbiamo fatto molte cose che prima non mi erano mai passate per la mente. Per esempio registrare tre differenti versioni dello stesso brano, senza aggiunte, senza sovraincisioni, live in studio, mettendole da parte per riascoltarle molto dopo».

Poi l’uomo di «Elephant», album di debutto dei Whote Stripes da quattro milioni di copie vendute grazie anche al singolo di traino «Seven nation army», ha scelto la solitudine per aggiungere o sottrarre suoni, tagliare, affinare. Accettando a sorpresa - è un paladino delle tecniche analogiche - l’uso del ProTools in «High ball stepper»: una disturbante canzone senza testo.

White, che poi all’anagrafe si chiama John Anthony Gillis, da Detroit, classe 1979, canta con voce potente e scartavetra la sua chitarra. Difficile inquadrare il sound in un genere, a tratti un brano ne sembra contenere almeno due. Psichedelia, americana, garage rock, soul, punk, dixieland, gospel, elettronica, progressive, blues, punk si (con)fondono con echi di Rolling Stones, Led Zeppelin, sua maestà Dylan, Red Hot Chili Peppers come in una session nevrotica di John Cale in studio a Nashville.

Un cocktail inebriante, non originalissimo, da godersi sul vinile hi tech come memoria di un passato in cui il disco era contenitore di creatività ed emozioni, prima che mero supporto fonografico. Brani come «Just one drink» mostrano ancora una volta Jack come lucido narratore delle emozioni umane: «Solo una bevuta mi avvicina/ solo una bevuta, ti trasforma/ ma poi comincio a pensare che stai diventando più fredda/ più vecchio più vecchio, sono io/ Beh io guardo la tv/ tu guardi il soffitto/ e quando ti giri/ provo un sentimento buffo».

Da guru della nuova scena di Nashville dove ha trasferito la sua Third Mand Records, fresco di separazione con la top model Karen Elson e recentemente coinvolto in una disputa a distanza con i Black Keys, White si è tolto lo sfizio di avere in catalogo anche Neil Young, di cui ha pubblicato, senza alcuna campagna promozionale se non qualche apparizione televisiva in coppia, «A letter home», raccolta di cover di Bob Dylan, Phil Ochs, Bruce Springsteen e Willie Nelson registrata nella minuscola cabina vintage che si trova nel negozio della Third Man Records.

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