Giglio, ballate newpolitane dai Quartieri Spagnoli

Giglio con Salvatore Palomba
Giglio con Salvatore Palomba
di Federico Vacalebre
Sabato 9 Aprile 2016, 18:59 - Ultimo agg. 10 Aprile, 00:13
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S’allarga sempre più l’onda della canzone d’autore newpolitana, ormai al centro di rassegne, serate a tema, dischi collettivi, talk show, programmi radiofonici e sul web. Giglio (il nome di battesimo, Raffaele, non fa parte del marchio di ditta) ha messo a riposo la sua band, i Gentlemen’s Agreement, è cresciuto frequentando il mucchio selvaggio di «Dignità autonome di prostituzione» ed ora si presenta da solista con «Mamma Quartieri» (Full Heads), esordio e manifesto esistenziale verace, con tanto di conferenza stampa da Nennella, celebrata trattoria dei Quartieri Spagnoli, appunto.

L’uomo con il cappello ed i baffi da gitano ha abbandonato la casa con limoneto in cui abitava, ma dedica l’intero lavoro a quella stagione e a quell’umanità incontrata tra vicoli e bassi. Porta con sè libri di Lanzetta e Patroni Griffi, scende giù per Toledo scoprendola epicentro del Bronx partenopeo, s’abbarbica a un’appocundria profonda che permea l’intero concept album. «Le mie canzoni nascono dopo aver compulsato libri, dischi, film», spiega, e cita «Nino Rota e Pino Daniele, la malinconia klezmer e il son cubano, Murolo e Veloso, Fellini e Scola».

 


Rotiane sono le code, a volte posticce, dei pezzi e certi arrangiamenti che badano più all’atmosfera del brano che alla sua costruzione, spingendolo tra chanson e gipsy touch, western dub e marcette circensi, fisarmonica e charango. Motivetti fischiettati o grattati su una chitarra alla Marc Ribot accompagnano testi che sono il cuore dell’operazione: Giglio sembra un Mannarino meno scanzonato, guarda al primo Capossela con chissà quale consapevolezza, ma sceglie una «mescafrancesca» verace che deve ancora affinare gusto melodico e arrangiamenti. Il poeta Salvatore Palomba gli dà lezioni di dialetto e siede al suo fianco al tavolo da taverna, l’umanità dolente di Viviani, gli zingari «carne ‘e sudore», i Gennarielli pasoliniani sono protagonisti dei pezzi: «Figli ‘e Ddio» è il lamento di un femminiello credente, «’O scippatore» la storia di un mariuolo che mette al confronto i suoi furti con quelli dei potenti di cui ascolta al tg, «Ammore rom» è il canto della passione multirazziale nei più che tolleranti Quartieri Spagnoli, «’O bammeniello» dà voce a un pupazzo abbandonato nella munnezza senza più occhi, «Austino ‘o pazzo» proietta nello spazio la leggenda urbana del motociclista ribelle, «’A loro festa» racconta l’incontro natalizio di carcerati e parenti, con i versi migliori, e più spietati, del disco: «E dint’’a sta mappatella/ ce sta ‘o mare/ ce sta ‘a festa».

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