Damien Rice a San Leucio:
«In barca a vela per essere libero»

Damien Rice
Damien Rice
di Federico Vacalebre
Martedì 17 Luglio 2018, 11:13 - Ultimo agg. 18 Luglio, 07:06
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E lui se ne va in tour con una barca a vela. Che, poi, non dovrebbe sorprendere troppo, come trovata, se si pensa che Damien Rice, è di lui che stiamo parlando, una volta si era messo in viaggio in auto dalla sua Dublino (a dir la verità lui è nato a Celbridge, nella contea di Kildare) a Barcellona, con l'intento di scrivere una canzone al giorno.
Un itinerario consegnato alla memoria dei fans grazie a «100 miles across the room», Damien. Da che cosa nasce questo «Wood water wind tour» che, dopo il debutto a Zafferana Etnea, ti porterà giovedì 19 al Belvedere di San Leucio e poi il 22 al teatro di Ostia antica?
«Era da una decina d'anni che sognavo un giro di concerti su un due alberi, ma non c'era mai tempo a sufficienza per metterlo a punto. Stavolta mi sono ritagliato il tempo e ho trovato la ciurma adatta, così... eccoci a bordo»,
Ma perché complicarsi la vita?
«Più passa il tempo, e a me sembra correre sempre più velocemente, più mi accorgo quanto sia breve la vita, quanto sia vicino il momento in cui mi chiederò dove diavolo siano finiti i miei giorni. Così, piuttosto del solito tour tra aerei e bus con l'area condizionata, l'idea romantica di navigare da concerto a concerto mi diverte di più. Un veliero dal fascino antico, che parte dalla Sicilia per far rotta su Minorca, e poi su fino all'Olanda: tutto questo ipnotico e affascinante moto di vele, corde e onde mi fanno sentire come trasportato dagli elementi sulla schiena di una creatura marina gigante e mitologica. È un posto in cui mi sento profondamente vulnerabile, e al tempo stesso immensamente libero».
Che concerto vedremo a San Leucio?
«Non lo so mai finché non salgo sul palco: non preparo mai una scaletta, lascio che il momento mi guidi, anche per questo sono solo in scena».
Dal vivo suoni anche un sacco di brani inediti.
«L'ho detto, suono d'impulso, a volte prendo i pezzi dei dischi, altri scelgo canzoni appena scritte... Forse dovrei fare un album dal vivo per raccogliere tutti gli inediti suonicchiati qua e là».
L'anno scorso, dopo il tuo primo concerto napoletano, all'Acacia, finisti per fare musica in un giardinetto con i fans.
«La ricordo quella serata. Mi ero ripetuto: No Damien, non farlo, tu canti, lascia la danza ai ballerini, ma prima che dessi rette a me stesso il mio corpo stava già danzando».
A proposito di avventure, stanno per uscire i brani di «100 miles across the room».
«Non so quale turba o gene mi spinge verso ipotesi insicure. Se qualcosa è tranquilla, solida, stabile non mi eccita. Forse cerco scuse per lanciarmi in nuove avventure e vedere come lavora la mia creatività quando è distratta da altre esigenze. Quel viaggio nella mia vecchia Mini fu molto più lungo del previsto, e meno immerso nella natura di questo tragitto tra sole e mare, acqua e terra».
 Che cosa ricordi dei concerti da supporter di Cohen?
«Leonard è uno dei miei cantautori preferiti. Dipende, certo, dal mood del momento, ma mi ritrovo moltissimo nel suo lavoro. I suoi versi trasmettevano insieme il senso del perdono e dello humour, cose fondamentali per chi capisce che i pensieri nella nostra testa non sono proprio l'ideale per una vita tranquilla. Alla fine questa è stata la principale lezione che mi ha lasciato».
Hai vissuto in Toscana. Altre zone d'Italia che hai voglia di conoscere?
«Mi piacerebbe avere tempo per muovermi lentamente attraverso il profondo Sud».
 Il tuo album d'esordio, «Q», è stato appena ristampato in vinile: fu un successo, di cui non sei mai però rimasto prigioniero. Come quel disco, i successivi «9» e «My favourited faded fantasy» sono stati aiutati nel rapporto con il grande pubblico dall'utilizzo in colonne sonore di film («Shrek 3», «Il Caimano» di Moretti) e serie tv («Lost», «Csi», «Dr. House»). Il grande pubblico italiano, però, deve ancora imparare a conoscerti. Ron ha tradotto la tua «Cannoball» in «Palla di cannone»: l'hai ascoltata?
«No, ora che ne conosco l'esistenza la andrò a cercare».
La tua ex compagna Lisa Hannigan, Christy Moore, Herbie Hancock, Fiona Apple, Tori Amos: che cosa ti rimane di queste collaborazioni?
«Sarò sempre grato a Lisa, ma anche a tutti gli altri artisti incontrati finora, insieme abbiamo fatto delle magnifiche esperienze. Anche questo è un tipo speciale di viaggio: incontri persone, fai musica con loro, poi tiri su l'ancora e salpi, riprendi la tua navigazione, portando con te quello che hai imparato, le emozioni e le note che sono nate».

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