Ashram, l'etereo sound napoletano
che piace in Giappone

Ashram
Ashram
di Federico Vacalebre
Sabato 14 Ottobre 2017, 15:55
2 Minuti di Lettura
l primo album, che portava il nome della band, è uscito nel 2001 per l’etichetta francese Prikosnovenie; il secondo, «Shining silver skies» nel 2006 per la portoghese Equilibrium. Al terzo lavoro, i napoletani Ashram hanno fatto tutto da soli, autoproducendosi «Human and divine», ma confermando appena possibile, magari con un concerto a Pechino, la propria propensione internazionale. Darkwave neoclassica, li definisce il comunicato stampa del cd, qualcun altro parla di ethereal folk, altrove si parla anche di generi come la new age, ormai dimenticata: neoclassici lo sono di sicuro, eterei pure, dark e folk forse, di sicuro in modo diverso da quello che siamo abituati a considerare.
Ormai di formazione ventennale, gli Ashram si reggono sul violino romantico di Alfredo «Edo» Notarloberti, la delicata voce (e la chitarra) di Sergio Panarella e il pianoforte di Luigi Rubino, insieme intenti a scandire melodie più soffici che tenebrose, più melanconiche che ossianiche. Temi semplici vengono declinati senza cercare esasperazioni, anzi spesso diluendoli in un pianissimo, in un canto sussurrato, in un violineggiare pallido e assorto che non brilla per originalità compositiva ma riesce a creare un’atmosfera che ha meritato al trio piccole, ma accanite, schiere di fans (il disco è stato realizzato grazie al meccanismo del crowfunding), tra cui spiccano quelli cinesi, appunto.
Il titolo suggerisce il tentativo di far convivere umano e divino, convinti che si possano completare a vicenda, alla ricerca di una personale «Spirituality», come suggerisce la traccia iniziale. «Elisewin 1977» riprende gli esordi del gruppo che, strumentazione a parte, fa pensare agli anni lontani dell’esordio di Wim Mertens con lo pseudonimo di Soft Verdict ma senza il bisogno minimalista di punteggiare il discorso sonoro, di mettere comunque in primo piano una nota brillante, squillante, e in più l’adozione, sia pur in chiave poco ortodossa, della forma canzone. Neoclassici ed eterei, gli Ashram sono minimalisti per la scelta di un impatto discreto, di un canto soffuso e/o sognante, per la definizione di grigi panorami sonici, in cui contano i chiaroscuri più delle luci o delle oscurità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA