«Napoli metafora dell'Italia anche per gli extraterrestri»

«Napoli metafora dell'Italia anche per gli extraterrestri»
di Giovanni Chianelli
Giovedì 9 Novembre 2017, 13:07
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«Si può decidere di lasciare Napoli o di restare; chi rimane deve farlo con un'idea buona, una cosa in cui credere». Come hanno fatto loro, i The Jackal. Stasera il loro film «Addio fottuti musi verdi», prodotto in collaborazione con Cattleya, Rai Cinema e distribuito dalla O1, esce in tutta Italia. Il pubblico potrà scegliere tra ben 280 sale, tra cui una cinquantina in Campania, per assistere alle gesta di Ciro Priello, Fabio Balsamo, Alfredo Felco, Simone Ruzzo, diretti da Francesco Ebbasta, alle prese con problemi di disoccupazione che saranno risolti, o quasi, dagli alieni. L'anteprima napoletana dell'altro ieri, al Metropolitan, è andata al di là delle aspettative: ci sono volute due sale per contenere i fan del collettivo di videomaker più amato del web.

Risate e gag a parte, il tema del lavoro è quello centrale: «Abbiamo immaginato lo spazio come il luogo più lontano in cui un meridionale può andare in cerca di un avvenire. E lo trova tra extraterrestri efficientissimi, però senza creatività. L'idea ce l'ha data un amico che era andato via da qui per trovare un posto», dice il regista. In una sequenza girata da un'altura che abbraccia tutta la città Priello, il protagonista, dice all'amica Matilda, interpretata da Beatrice Arnera: «Non sembra Napoli». Dopo, puntuali, le urla sguaiate delle signore dei vicoli. Così emerge subito il problema: è un film napoletano? Su questo i Jackal si dividono: «Film napoletano perché è fatto per lo più da napoletani, anche nel cast tecnico, ed è girato e pensato qui. Ma per noi Napoli è stata più che altro la metafora dell'Italia», dice Ruzzo. «Per me invece è un lavoro che poteva essere prodotto così solo da napoletani», risponde Balsamo che nel film, non a caso, incarna il ruolo più conservatore, di chi non vorrebbe mai abbandonare la città.
Tra lui e Matilda, in fuga verso gli Stati Uniti, c'è proprio la figura di Priello. Grafico sfigatissimo, per mantenersi lavora in una friggitoria gestita dai cinesi: «Il massimo del pezzotto ma ormai accade. Abbiamo raccontato, esagerando e scherzando, qualcosa che appartiene alla nostra realtà».

Se i punti di vista sono diversi, come è logico in un collettivo, si è mantenuta l'atmosfera di orizzontalità che si respira nei famosi sketch, da «Gli effetti di Gomorra sulla gente» a «Despacito». Priello: «Siamo amici da tempo e non litighiamo mai. Perché ci si fida molto di intuizioni ed eventuali obiezioni degli altri». Balsamo va addirittura oltre: «Il film è un inno all'amicizia, più che all'amore o alla fiducia nel futuro. Un sentimento che a noi consente di lavorare in un clima unico». Per Ebbasta «ognuno ha mantenuto il proprio ruolo rispettando le opinioni degli altri e i frequenti sconfinamenti, senza le pretese di legittimità che immagino riguardino altri set».

 

Poi ha fatto cenni al futuro: «Il film rappresenta la fine di un percorso e l'inizio di un altro. Per questo abbiamo adottato una geometria variabile. Doveva essere da una parte rivolto ai fan dei The Jackal, dall'altra a chi non ci conosceva. Ora, chissà, faremo qualcosa interamente per un pubblico non nostro». Il regista riflette sulla scelta del genere: «Già nelle nostre clip abbiamo pescato spesso dalla fantascienza. Ci sembrava giusto finire di farla a pezzi, ricordandoci che con gli effetti speciali non possiamo troppo esagerare. Siamo pur sempre italiani...». Per Alfredo Felco, infatti, il difficile è stato rinvenire alcune parti della scenografia: «Non c'è nessuno che in Italia costruisce robot per il cinema! Lo abbiamo creato noi». Applauditissime alcune comparsate, come quelle di Cerlino ed Esposito direttamente da «Gomorra». Ma su tutte è stata apprezzata la partecipazione di Gigi D'Alessio: «Prima lo odiavo e gliel'ho pure detto. Ma è stato bravissimo, così gli ho chiesto scusa per averlo detestato», ha concluso Ebbasta.

Oltre loro l'alieno, non a caso affidato al piemontese Roberto Zibetti. Attore di lungo corso («Io ballo da sola» e «I cento passi» tra i suoi tanti lavori) non fa parte dei The Jackal ma li ama molto: «Stanno realizzando qualcosa di incredibile, dal punto di vista creativo e politico. Sono una storia che funziona e hanno innestato un vero e proprio humus culturale che già produce risultati in termini di linguaggio e lettura della realtà».
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