«Io c'è»: la nuova commedia di Pasqua con Leo, Buy e Battiston

"Io c'è"
"Io c'è"
di Oscar Cosulich
Lunedì 26 Marzo 2018, 14:59 - Ultimo agg. 15:11
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«Non avrai altro Dio all’infuori di te» è il precetto base dello «Ionismo», la nuova fede religiosa ideata da Massimo (Edoardo Leo) con lo scopo molto terreno di convertire a fini fiscali il suo bed & breakfast in «luogo di culto», evitando così di pagare le tasse ed eludendo l’obbligo di emettere fatture, ma che rapidamente gli prende la mano. Lo Ionismo raccoglie così una nutrita accolita di adepti, entusiasti all’idea di riconoscere il Dio che è in ognuno di noi, di una chiesa che rifugga i comandamenti a favore dei «suggerimenti» e che non prometta la vita eterna, perché non è in grado di raccontare cosa ci sia alla «fine del nostro viaggio terreno», invitando solo a «godersi il viaggio». Questo il succo di «Io c’è» di Alessandro Aronadio, un’originale commedia che gioca con i credi religiosi e arriva nelle sale proprio il weekend di Pasqua, da giovedì 29 marzo.

«Volevo fare un film sulla religione, perché oggi è un tema quasi tragico legato ad argomenti di cronaca drammatici – spiega il regista, che il film ha scritto con Renato Sannio e lo stesso Edoardo Leo – proprio per questo volevo provare a ridere di qualcosa che sembra intoccabile, dimostrando che è possibile affrontare il tema con leggerezza, senza mai irridere i fedeli, che hanno sicuramente una vita più serena di me che sono ateo e mi incuriosiscono molto».

Con un cast che schiera al fianco di Edoardo Leo Margherita Buy nei panni di sua sorella, integerrima commercialista che reagisce in modo imprevisto ai sermoni farlocchi del fratello; Giuseppe Battiston, scrittore fallito che diventa l’estensore del vangelo Ionista e Massimiliano Bruno, naziskin in sedia a rotelle, che troverà l’illuminazione, «Io c’è», secondo Aronadio, discende direttamente dalla sua precedente commedia «Orecchie».

«Il prete Rocco Papaleo che racconta di aver benedetto una macchia di muffa sul muro, ritenuta un’immagine della Madonna, solo per regalare alle credenti una vita migliore mi continuava a ronzare nella testa», racconta il regista, «il sacro sembra capace di fermare la società civile. Per questo ridere di qualcosa che ha regole così precise è un modo per capire cosa sia sacro e cosa no, indagando sul bisogno di credere nell’invisibile e sulla necessità umana di appartenere a un gruppo».

«La religione è un antidoto al cinismo del caos che sta prendendo piede nella nostra società e ci sta portando in una direzione molto arida da un punto di vista umano», conclude l’autore, «essendoci documentati sui diversi credi e sulle varie fedi prima di scrivere il film, abbiamo cercato di inventarci questo “best of” delle religioni, un culto più a misura d’uomo, più comodo e contemporaneo. Lo specchio che diviene “sacro”, perché riflette il Dio che siamo noi stessi, è una semplice estensione della nostra società che ormai sembra fondata solo sui “selfie”».

È evidente insomma che Aronadio, lungi dall’attaccare la fede, voglia tentare la via, difficoltosa nel nostro paese, di «scherzare coi santi», anziché con i fanti. «Io sono cresciuto con i Monty Python», spiega il regista, «adoro tutti i loro film e sicuramente “Brian di Nazareth” è un modello cui ho fatto riferimento mentre scrivevamo “Io c’è”, ma ci sono anche echi dei cartoon dei Simpson e di esempi tratti dalla realtà, come il culto dei “pastafariani”, nato in Texas per protesta contro il creazionismo, che ha visto in Italia un adepto ottenere il permesso di avere la foto sui suoi documenti con i paramenti sacri del culto, cioè un colapasta sulla testa!». Insomma, la scommessa era giocare sul filo dell’irriverenza e del politicamente scorretto, senza però ridicolizzare nessuno: «Può essere che qualcuno si senta comunque toccato, perché abbiamo trattato argomenti urticanti, ma è questo lo scopo della vera commedia. Noi comunque ci siamo sempre messi sullo stesso livello di chi crede, cercando di capirlo».
 
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