Pappi Corsicato nella webv del Mattino: «Così racconto l'arte viva di Schnabel»

Una scena del docufilm "L'arte viva di Julian Schnabel"
Una scena del docufilm "L'arte viva di Julian Schnabel"
di Titta Fiore
Martedì 12 Dicembre 2017, 01:37 - Ultimo agg. 13:20
3 Minuti di Lettura
Dopo l'anteprima mondiale al prestigioso Tribeca Film Festival di Bob De Niro, e la bella accoglienza nelle sale americane, il documentario di Pappi Corsicato su Julian Schnabel esce anche in Italia con numeri da blockbuster (250 copie, come un film di finzione) e con il clamore dell'evento (solo due giorni di proiezione, oggi, 12 dicembre, e domani, 13, nel circuito Nexo). «L'arte viva di Julian Schnabel» è il racconto di una personalità eclettica, della vita di una superstar dell'arte e di un'amicizia vera. E proprio grazie a questo legame antico, Corsicato è riuscito a disegnare con la macchina da presa un ritratto privato ed emozionale del personaggio - pittore e regista eccessivo e geniale - che ha convinto critica e pubblico.
 

Com'è nata l'idea di questo film, Pappi?
«Viene da lontano, da quando a vent'anni mi trasferii a New York. Allora la scena dell'arte contemporanea era al suo massimo, la Factory di Andy Warhol sfornava talenti a ripetizione, la città era il centro del mondo. Erano tempi davvero speciali, irripetibili. Conoscevo Julian per i suoi exploit artistici, grazie al mio amico artista Francesco Clemente lo conobbi anche di persona».

L'amicizia nacque così.
«Sì, e da allora abbiamo continuato a frequentarci, ho avuto modo di conoscere a fondo la sua vita e la sua personalità. Nel 2013 andai a fargli visita mentre era in vacanza all'isola dei Galli, in Costiera Amalfitana, e gli proposi di realizzare un documentario sulla sua storia. Julian accettò subito. Quello stesso anno mi trasferii a New York con il mio assistente. L'idea era di passare quanto più tempo possibile con lui per raccontare non solo il lavoro, ma anche la sua personalità e il suo stile: secondo me, incarnavano alla perfezione ciò che chiamiamo American Dream».

Schnabel protagonista del sogno americano, quindi...
«Esatto, un ragazzo di umili origini che grazie al talento riesce a diventare uno dei più grandi artisti della sua generazione, una specie di Re Mida dei nostri giorni. Si è anche costruito al Village un palazzo di nove piani color fucsia in stile veneziano, bellissimo. Da qui è partita la mia ispirazione. Per certi versi mi ricordava il protagonista di Quarto potere di Orson Welles, per l'impetuosità nel lavoro e per il modo di affrontare la vita».

Genio e sregolatezza.
«Il documentario parla proprio di questo, degli up and down della sua parabola artistica e personale, delle polemiche, delle sue numerose famiglie, dei successi e degli insuccessi».

Quanto tempo sono durate le riprese?
«L'abbiamo seguito, ripreso, intervistato per quasi due anni. Ogni tanto capitavano a casa sua amici del calibro di Al Pacino, Bono degli U2, Willem Dafoe, Jeff Koons e allora correvamo ad accendere la cinepresa. Inoltre, Julian ci ha messo a disposizione il suo formidabile archivio».

Da regista a regista: quali sono i film di Schnabel che le piacciono di più?
«Credo che abbia realizzato almeno due capolavori, Prima che sia notte, Gran premio a Venezia, e Lo scafandro e la farfalla, miglior regia a Cannes, che lo ha portato a un passo dall'Oscar».
© RIPRODUZIONE RISERVATA