«La tenerezza» di Gianni Amelio: «La mia Napoli intensa e dolorosa» | Video

«La tenerezza» di Gianni Amelio: «La mia Napoli intensa e dolorosa» | Video
di Francesca Cicatelli
Lunedì 24 Aprile 2017, 09:32 - Ultimo agg. 15:31
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Il regista delle prime volte l'ha definito l'attore napoletano Renato Carpentieri, che proprio con Gianni Amelio ha esordito al cinema con Porte aperte nel 1990. Tornano a lavorare insieme con "La Tenerezza" in uscita oggi nelle sale italiane. Abbraccia i suoi attori il regista di origini calabresi, è accogliente con tutti e professionale ai limiti della spigolosa pignoleria quando deve guardare in camera per le interviste. Si preoccupa di mettere al riparo dalla visione del film il vero nipote di Renato Carpentieri, che è presente anche nel film nella stessa veste. Amelio dedica ad ognuno il suo tempo, appartato con riservatezza e concentrazione, perché ha bisogno di osservare bene gli occhi dell' intervistatore, senza il filtro della telecamera. Nella video intervista a Il Mattino racconta la conciliazione con il padre, lontano per anni dalla sua vita, non solo fisicamente e parla dell'imprescindibilità della tenerezza, "di cui tutti abbiamo bisogno".
 

Ha scelto una Napoli lontana dalle periferie per raccontare una storia borghese, intensa e dolorosa. La famiglia è centrale nel suo nuovo lavoro ispirato al romanzo La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone (sabato al teatro Diana di Napoli alle 11,30 per la presentazione di "Magari domani resto"), che ha voluto omaggiare chiamando il protagonista appunto Lorenzo. Amelio ha scelto i suoi attori (nel cast Giovanna Mezzogiorno, Micaela Ramazzotti, Elio Germano, Maria Nazionale, Arturo Muselli, Giuseppe Zeno, Greta Scacchi) di getto, d'istinto senza alcun provino. Ha dichiarato di aver atteso 21 anni per poter lavorare con la Mezzogiorno, sempre immaginata come la protagonista di un suo film, fin da quando era bambina. Nel film quasi tutti gli attori mettono parte di se stessi al punto che il dolore di fondo appare naturale ed estremamente umano fino alla commozione. Una storia intensa di divergenze e incomprensioni irrisolte, di rapporti che si sfaldano con il tempo per questioni incancrenite. E la famiglia che muta nel dolore, come per il protagonista che ad un certo punto della vita smette di amare i propri figli. Anche il tragico evento di cronaca in cui si snoda il racconto è un pretesto per raccontare la fragilità e l'assurdità dei rapporti, la dimensione ciclica dell'eterno ritorno ai legami e all'apertura verso l'altro, dopo lunghi giri egosintonici. Si piange e si ride e c'è appunto la tenerezza in ogni sua forma, persino nell'amore inaspettato per un estraneo, come se fosse un messia giunto a salvare,  o nell'incontro generazionale con i bambini dai quali il protagonista cerca affetto ma riceve frasi sprezzanti nella loro ingenuità come "maturo tu? Ma se hai le rughe e la barba?". Il protagonista, Lorenzo, famoso avvocato noto per le truffe automobilistiche, il re dei parafanghi, è un napoletano doc, "radicato a Napoli come il pino della cartolina", legge tutti i giorni i necrologi perché "secondo un calcolo scientifico sapendo quanta gente muore a in città è possibile sapere quante persone muoiono nel mondo".
 
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