«Falchi, storia di crimine e amicizia»
E D’Angelo junior dirige papà Nino

«Falchi, storia di crimine e amicizia» E D’Angelo junior dirige papà Nino
di ​Diego Del Pozzo
Martedì 28 Febbraio 2017, 09:26
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Con il nuovo film, il noir crepuscolare «Falchi», il trentasettenne regista napoletano Toni D’Angelo s’inserisce d’autorità tra gli autori giovani più interessanti del panorama italiano, lungo una traiettoria che lo accomuna al Gabriele Mainetti di «Lo chiamavano Jeeg Robot» per come rielabora la gloriosa tradizione del cinema italiano di genere con sguardo post-moderno e influenze cinéphile internazionali. Queste, nel caso di «Falchi», vanno ricondotte – per ammissione dello stesso D’Angelo – «ai melò, noir e polizieschi di registi della Hong Kong anni ’80 e ’90 come John Woo, Johnnie To o Tsui Hark; ma anche ai disperati drammi criminali di un maestro come Abel Ferrara, al quale ho dedicato la tesi di laurea e col quale ho fatto le prime esperienze di set».

Prodotto da Minerva Pictures, Bronx Film e Rai Cinema, il film uscirà nei cinema italiani giovedì, distribuito da Koch Media in circa 180 copie. Dopo la prima proiezione mondiale della settimana scorsa a Los Angeles, il film è stato presentato ieri sera in un’affollata anteprima italiana al Modernissimo, introdotto in sala dal regista Toni D’Angelo, dai due protagonisti Fortunato Cerlino e Michele Riondino, dai produttori Gianluca Curti e Gaetano Di Vaio e da Nino D’Angelo, celebre «papà d’arte» ma, soprattutto, autore della suggestiva colonna sonora. 
 


Al centro di «Falchi», scritto dal regista assieme a Giorgio Caruso e Marcello Olivieri, «c’è una storia», spiega D’angelo jr., «di amicizia, tradimento e possibile redenzione, che utilizza l’ambientazione al neon di una Napoli livida e notturna come un non-luogo dell’anima e i personaggi principali di Peppe e Francesco, due duri e ambigui poliziotti di strada della squadra speciale dei Falchi, come metafore viventi delle complessità umane».

Per interpretarli, D’Angelo ha messo insieme una coppia di mattatori in stato di grazia come Fortunato Cerlino (il Pietro Savastano di «Gomorra – La serie») e Michele Riondino (il giovane Montalbano dell’omonima serie Rai). I loro personaggi girano in moto tra i vicoli della metropoli, portando la legge con metodi poco convenzionali. Una tragedia personale e professionale ne sconvolge le esistenze e li costringe a fare i conti con una gang criminale cinese. Accanto a loro recitano, tra gli altri, anche Xiaoya Ma, Aniello Arena, Pippo Delbono e Stefania Sandrelli. 
«I nostri due ruoli», racconta Cerlino, «hanno richiesto grande impegno fisico, ma soprattutto la capacità di guardare nel profondo degli animi dei personaggi. Per me, infatti, il film non parla né di Napoli né dei Falchi: sono pretesti per raccontare, senza i buonismi che vanno di moda oggi, il prezzo dell’amore e della lealtà e ciò che vogliono dire sacrificio e compassione. Da questo punto di vista, il lavoro fatto col cane Ettore, che divide spesso la scena con me, m’è servito molto, perché i cani non mentono né concedono sconti». 

Per Riondino, «il segreto dei nostri personaggi è stato di lavorare quasi come se anche noi fossimo due cani, col mio Francesco a seguire il capobranco Peppe in modo istintivo. Ciascuno dei due ha i propri mostri, che tenta di sconfiggere grazie agli affetti: Francesco per una ragazza cinese, Peppe per il cane che gli lascia il commissario di Delbono prima di suicidarsi».
 
 

Durante la lavorazione di “Falchi” s’è composta anche un’inedita coppia padre-figlio tra Nino – presente anche in un breve cameo da tassista – e Toni D’Angelo, col secondo che ha sempre avuto le idee chiare sul film da fare. «Ho voluto narrare», spiega, «una storia di seconde possibilità e disperazioni da redimere, con i protagonisti che, a un certo punto, hanno la possibilità concreta di cambiare le proprie esistenze grazie all’amore e all’amicizia». Dare una veste sonora a tutto ciò non era semplice, come conferma Nino: «Secondo me, “Falchi” è un film sull’amicizia. Perciò, ho composto il brano “N’amico”, facendolo cantare alla neomelodica Giovanna De Sio come un fado portoghese. Poi, ho inserito sonorità cinesi e temi più epici, cercando di evitare la ripetitività sintetica dei polizieschi americani. Toni m’ha fatto guardare tanti film di Hong Kong, per capire bene che cosa avesse in mente. Io, però, ho anche lottato per difendere cose nelle quali credevo, come le musiche del finale, inserite senza prima farle ascoltare a nessuno».

Intanto, «Falchi» potrebbe anche avere un seguito. «Ne abbiamo parlato con i produttori»,conclude il regista, «e otremmo proseguire con un nuovo film o addirittura una serie».

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