Capri Hollywood, Bertolazzi racconta: «Così ho creato gli orchi di Bright»

Capri Hollywood, Bertolazzi racconta: «Così ho creato gli orchi di Bright»
Martedì 26 Dicembre 2017, 19:16 - Ultimo agg. 19:25
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CAPRI - Orchi, elfi, fate: anche per 'Bright', il premio Oscar Alessandro Bertolazzi ha creato un mondo e l'ha fatto a modo suo, da 'buon artigiano italiano' come si definisce raccontando il lavoro di makeup designer per il film Netflix che potrebbe fargli guadagnare la seconda statuetta, appena un anno dopo il trionfo di 'Suicide Squad'. L'atteso film con Will Smith e Joel Edgerton, disponibile sulla piattaforma di streaming, è ambientato in un presente alternativo in cui umani, orchi, elfi e fate convivono fin dalla notte dei tempi. Il regista è David Ayer. «Due mesi di preparazione, oltre cinque di lavorazione. Intanto comincio a dire che Netflix è libertà totale - dichiara il celebre make up artist, che per una settimana sarà il chairman della 22esima edizione di Capri, Hollywood - ho potuto lavorare come volevo, evitando gli effetti esagerati, grotteschi, 'a maschera', che detesto. Ho preferito piuttosto dare ai personaggi particolari 'disturbanti' per lo spettatore, primi piani che trasmettono animalità e facciano davvero paura. L'ok finale naturalmente l'ha sempre dato il regista David Ayer».

Fantasy-poliziesco, 'Bright' è ambientato in un 'presente alternativo' popolato da personaggi fantastici ('ma parla anche di differenze e di difficoltà di integrazione' osserva Bertolazzi) e racconta le storie di due poliziotti: un umano (Will Smith) e un orco (Joel Edgerton). «Mi sono avventurato per le strade più malfamate di Los Angeles per ispirarmi alla realtà e creare delle fisionomie, e anche dei tatuaggi - racconta Bertolazzi, al cui lavoro per questo film è dedicata una mostra che si inaugura domani alla Casa Rossa di Anacapri - per pelle, capelli, denti, orecchie, che ho voluto a punta ma non troppo, ho cercato una via di mezzo tra reale e surreale, volevo una 'magia' ma senza esagerare, il trucco non deve essere per forza eclatante per testimoniare un buon lavoro. Nella scena della città degli elfi - ricorda - abbiamo dovuto truccare alla perfezione quasi 300 persone, anche se poi non tutti venivano inquadrati da vicino. Occorreva la perfezione».

Sessanta persone hanno lavorato al reparto trucco, il team ristretto va da 4 a 8 professionalità.
Suo partner l'hair designer Giorgio Gregorini (Suicide Squad, Moulin Rouge, Apocalypto e Avengers). Ma cosa hanno in più i creativi italiani che si affermano nell'industria Usa? «Intanto sono orgogliosissimo di essere italiano, porto con me sempre una bandiera! Dove abito io è territorio italiano - scherza l'artista piemontese che ha firmato il trucco di produzioni come Sense 8, Skyfall, The Impossible e lavora da anni tra Londra e la California - un orgoglio che cresce quando si lavora lontani dal nostro Paese, che amiamo pure se qualche delusione l'ha data. Cerchiamo di fare sempre di più, anche di quello che ci è chiesto. La fatica più grande però è spiegare agli americani i nostri tempi, cosa vuol dire lavorare con la propria bottega, come nell'antichità facevano i grandi artisti, scegliere i materiali per capirli, elaborarli, anche con lentezza, magari ascoltando tranquillamente la radio, come piace fare a me». Tra i suoi ultimi lavori anche «Christopher Robin» (uscita agosto 2018) di Marc Foster con Ewan McGregor «un film classico Disney, bellissimo, mi ricorda Mary Poppins».
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