Cannes, tra Garrone e Rohrwacher non c'è posto per Sorrentino

Cannes, tra Garrone e Rohrwacher non c'è posto per Sorrentino
di Titta Fiore
Venerdì 13 Aprile 2018, 10:56
4 Minuti di Lettura
Il lato lato positivo è che l'Italia torna a Cannes in forze dopo un anno di magra: in concorso Matteo Garrone con «Dogman» e Alice Rohrwacher con «Lazzaro felice», al Certain Regard Valeria Golino con «Euphoria», alla Quinzaine due film (di Stefano Savona e Gianni Zanasi) e un corto di Marco Bellocchio. La notizia clamorosa è che nel cartellone non ha trovato posto il titolo più atteso della stagione: «Loro» di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo nei panni di Silvio Berlusconi, al Festival non si vedrà. Per ora, almeno, è così. Ma è lo stesso delegato generale Thierry Frémaux a lasciare aperto uno spiraglio nella conferenza stampa di Parigi: «Il film esce in Italia in due parti, una prima dell'inizio del festival. La natura stessa di quel progetto ci ha fatto un po' esitare, le discussioni sono ancora in corso». 

L'ipotesi sarebbe quella di proiettare il film in un'unica versione come evento speciale: un modo per offrire la ribalta d'onore a un autore premio Oscar da sempre caro e vicino al festival e peraltro richiestissimo sui mercati internazionali. Cannes o non Cannes, infatti, «Loro» è già stato venduto in molti paesi e promette di far parlare molto di sè. Sui motivi dell'esclusione, naturalmente, si intrecciano le ipotesi più fantasiose, e c'è chi presume all'origine della scelta proprio il timore di un eccessivo clamore mediatico (in realtà pane quotidiano di un festival che ha fatto della libertà di espressione una bandiera), e chi ritiene l'immaginario legato a «cene eleganti» e faccendieri troppo frequentato dalle cronache. Per altri, l'uscita anticipata al 24 aprile sarebbe stata una risposta risentita di regista e produttori alla mancata convocazione. Frémaux ha attribuito alla necessità di un rinnovamento le novità del programma (meno autori laureati e più giovani e sconosciuti) ma nel solco della tradizione i film francesi, a quota quattro, faranno la parte del leone e un giovanotto come Jean-Luc Godard, 87 anni, dovrebbe contribuire a rivoluzionare la rosa dei registi. 

Essendo settembre più vicino di maggio alla stagione degli Oscar, gli americani ormai preferiscono portare alla Mostra di Venezia piuttosto che sulla Croisette i loro pezzi da novanta. A Cannes si vedranno solo «Blackkklasman» di Spike Lee su un infiltrato di colore nel Ku Klux Klan e «Under the Silver Lake» di David Robert Mitchell. Assenti all'appello grandi nomi in pole come Xavier Dolan, Terry Gilliam e «il reprobo» Lars Von Trier, già dichiarato persona non grata, che però potrebbe essere ripescato. Abbondano gli asiatici, un altro must della casa, e l'iraniano Faradhi, due volte premio Oscar, aprirà la selezione ufficiale, l'8 maggio, con il suo primo film spagnolo, «Todos lo saben» (Everybody knows), interpretato dalla coppia d'oro Penelope Cruz-Javier Bardem. In cartellone anche due cineasti dissidenti e impossibilitati a lasciare i loro paesi: il maestro iraniano Panahi e il russo Serebrennikov. Nell'anno di MeToo cresce l'attenzione per le donne registe (in gara anche Labaki e Eva Husson) e a presiedere la giuria sarà la diva militante Cate Blanchett. Lo scontro con Netflix sull'obbligo di far uscire in sala i film del concorso (il boss della piattaforma streaming Ted Sarandos, come l'anno scorso, ha risposto picche) priverà purtroppo il Festival di uno dei titoli più interessanti, l'incompiuto «The Other Side of the Wind» di Orson Welles.

 
Quanto agli italiani, Matteo Garrone torna in concorso con «un western urbano» dopo aver vinto due volte il Grand Prix con «Gomorra» e «Reality». Per«Dogman» si è ispirato al terribile caso del Canaro della Magliana, il toelettatore di cani che trent'anni fa uccise brutalmente un ex pugile. Ha girato quasi tutto il film a Castel Volturno; dice: «Ho iniziato a lavorare alla sceneggiatura 12 anni fa e l'ho ripresa tante volte cercando di adattarla ai miei cambiamenti. L'incontro con il protagonista Marcello Fonte mi ha chiarito dentro come affrontare una materia così cupa e violenta». Il «Lazzaro felice» di Alice Rohrwacher è un contadino talmente buono da sembrare stupido. «Racconto la storia di una piccola santità senza miracoli, superpoteri o effetti speciali» spiega la regista, per la terza volta sulla Croisette, «la santità dello stare al mondo e di non pensare male di nessuno, ma semplicemente di credere negli altri esseri umani». Attrice, autrice e produttrice, Valeria Golino riprende il suo percorso di regista al Certain Regard, là dov'era cominciato con il successo di «Miele». Nel nuovo film, «Euphoria», Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea sono fratelli diversi per personalità e carriera che la vita obbliga a riavvicinarsi. «Il film è nato nella mia mente tre anni fa ispirato da eventi che stavano accadendo a persone a me care» dice Valeria. «Per questo motivo ci siamo avvicinati alla storia con la trepidante attenzione che si usa quando si maneggia un oggetto fragile e prezioso, ma con la consapevolezza di avere a che fare con una storia potente, lieve e profonda al tempo stesso».
Fuori concorso si vedrà il documentario che Wim Wenders ha dedicato a Papa Francesco: «Questo» ha detto sorridendo Frémaux, «lo proietteremo di domenica».
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