Proprio nel momento in cui, negli ospedali, molte unità coronariche vengono convertite in terapie intensive Covid scopriamo quali sono i danni del virus sul cuore. I diversi studi compiuti sui pazienti guariti hanno permesso di identificare, con precisione, gli effetti dell’infezione. Ovviamente, il lavoro è ancora lungo da fare ma i risultati preliminari già riescono a disegnare un quadro preoccupante. Calcolando, appunto, che alle persone cardiopatiche preCovid oggi dobbiamo pensare anche a coloro che sono stati contagiati e hanno avuto danni sicuramente da seguire nel tempo.
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I VASI
Il virus, è stato rilevato, può arrivare a scatenare diverse patologie cardiache.
Nella gran maggioranza dei casi (oltre il 70%) la troponina era oltre i livelli normali con chiara corrispondenza tra valori della troponina e danno cardiaco rilevabile alla risonanza. Sull’ultimo numero della rivista Journal of American College of Cardiology è stato pubblicato uno studio sulla caratterizzazione del danno miocardico in 305 pazienti con insufficienza respiratoria a seguito del Covid, condotto in collaborazione tra il Mount Sinai Hospital di New York, la clinica Humanitas di Milano ed altri cinque ospedali americani e lombardi. In tutti i pazienti sono stati condotti i normali controlli cardiologici. Sono stati inoltre effettuati i prelievi per dosare i markers dell’infiammazione e quelli di danno miocardico quale la troponina. Scopo dello studio era quello di valutare, tra i pazienti colpiti dal Covid, quali erano quelli più a rischio e che, ovviamente, necessitavano di cure più importanti e di maggiore attenzione. Il danno miocardico era valutato attraverso le modificazioni dell’ elettrocardiogramma, il dosaggio della troponina e le alterazioni della contrattilità del cuore valutate con l’ecocardiogramma.
L’ANALISI
In 190 su 305 (il 62,3% dei pazienti ricoverati) si è avuto un rialzo significativo della troponina, a significare un danno al cuore. Rispetto ai pazienti senza danni cardiaci, i 190 avevano alterazione dell’elettrocardiogramma, rialzo degli indici infiammatori ed alcuni di loro anche alterazioni della contrattilità del cuore all’esame. La mortalità intra ospedaliera era molto differente tra i vari gruppi. Mentre quella dei pazienti che, pur avendo problemi respiratori, non presentavano rialzo enzimatico era del 5,2%, se la troponina era aumentata quale prova di un coinvolgimento cardiaco, la mortalità era più che triplicata (18,6% ). Se poi erano presenti anche deficit di contrattilità evidenziabili all’ecocardiogramma si arrivava ad una mortalità del 31,7%. Importante notare che i pazienti più gravi erano mediamente quelli più grassi in cui ovviamente sono più spesso presenti altre patologie quali il diabete, l’ipertensione o le malattie metaboliche.
di Antonio G.Rebuzzi
(Docente di Cardiologia Università Cattolica - Policlinico Gemelli Roma)