Squecco, pompe funebri e auto
di lusso: scatta la maxi confisca

Squecco, pompe funebri e auto di lusso: scatta la maxi confisca
di Angela Trocini
Mercoledì 21 Marzo 2018, 10:55
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Confiscati beni per tre milioni di euro a Roberto Squecco, imprenditore capaccese nel settore delle onoranze funebri e ritenuto vicino allo storico clan camorristico Marandino attivo a Capaccio-Paestum e in altri comuni della Piana del Sele. La misura di prevenzione patrimoniale, emessa dal Tribunale di Salerno su proposta del direttore della Dia, riguarda anche la confisca di beni e partecipazioni societarie intestate sia alla coniuge dello Squecco sia a familiari (come il nipote) e terzi intestatari.

Nello specifico il personale della sezione Dia di Salerno, diretta dal tenente colonnello Salvatore Perrotta e coordinata dal tenente colonnello Giulio Pini, hanno sottoposto a confisca (previo sequestro) la società Funeral Home di Mario Squecco & Co. (con sede legale a Capaccio-Paestum), oltre a tutti i beni strumentali e ogni altro bene destinato all'attività d'impresa, nonché i rapporti di credito societari e 12 autovetture facenti parte del patrimonio sociale; la società «Associazione volontaria di pubblica assistenza Croce azzurra città di Agropoli», onlus con sede legale ad Agropoli compreso tutti i beni destinati all'attività d'impresa, i rapporti di credito societari, 4 autovetture (tra le quali una lussuosa Bentley Arnage), 13 ambulanze e un carro per il soccorso stradale (tutti automezzi integranti il patrimonio sociale).

E, ancora, un immobile costituito da diversi locali commerciali a Capaccio-Paestum in via Pertini su un'area di circa mille metriquadri comprensiva anche di tre terreni, la cui rendita attuale annua di locazione ad esercenti locali è di circa 55.000 euro; un'autovettura Maserati Quattroporte intestata alla società Vip Car di Giuseppe Pinto & Co. oltre diversi rapporti bancari riconducibili all'imprenditore e alle due società. Gli accertamenti patrimoniali a carico di Squecco e che sono alla base della misura emessa dal tribunale di Salerno, scaturiscono dall'analisi di tutte le vicenda processuali che nel tempo hanno interressato l'imprenditore 52enne. A suo carico, infatti, già nel 2003, c'è una condanna del Tribunale di Salerno per il reato i bancarotta fraudolenta, condotta delittuosa che lo stesso ha reiterato nel 2008, con analoghe conseguenze adottate dal Tribunale di Napoli. Inoltre nel 2014 Roberto Squecco rimase coinvolto nell'inchiesta della Squadra Mobile culminata nel blitz Parmenide che portò Squecco agli arresti insieme a Giovanni Marandino e ad altri.

 

Secondo le accuse, formulate dalla direzione distrettuale antimafia, vennero ritenuti organici a un'associazione di tipo mafioso (il clan Marandino appunto) dedita alle estorsioni e a prestiti di danaro a tassi usurari, con condotte aggravate del metodo mafioso. Proprio su tale punto, il tribunale ha evidenziato responsabilità di Roberto Squecco sia nella partecipazione alla consorteria crimimale sia nel tentativo di estorsione perpetrato dal medesimo nei confronti di un imprenditore locale (anch'egli titolare di una ditta di onoranze funebri) settore particolarmente delicato in cui il clan Marandino aveva deciso di investire. Il tutto per creare una sorta di monopolio tra Agropoli e Capaccio-Paestum. Per questa specifica vicenda, lo Squecco è stato condannato sia in primo che in secondo grado (la sua posizione è ora pendente in Cassazione). Tutte condotte che hanno coinvolto l'imprenditore consentendo di aprire, a suo carico, il procedimento di prevenzione antimafia per l'illecito arricchimento avuto nel corso degli anni. All'esito della procedura, quindi, il Tribunale di Salerno ha così disposto la confisca, previo sequestro, dei beni riconducibili all'imprenditore, riconoscendone la pericolosità sia per le ricadute sull'economia sana operante nel tessuto sociale o per le violente e documentate reazioni poste in essere da quest'ultimo in caso di mancato o ritardato pagamento da parte dei debitori sottoposti ai prestiti usurari.
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