Neonato curato male, in tre a processo: nei guai il primario Petta

Neonato curato male, in tre a processo: nei guai il primario Petta
di Petronilla Carillo
Domenica 25 Giugno 2017, 22:26 - Ultimo agg. 26 Giugno, 15:07
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SALERNO - Cooperazione nel delitto colposo e lesioni personali aggravate dalla circostanza che si poteva verificare la morte della vittima. Contestazioni gravi rivolte dal sostituto procuratore Francesca Fittipaldi a due sanitari in servizio presso l’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona e al titolare di un laboratorio di analisi accusati di aver causato lesioni gravissime ad un neonato perché, come hanno denunciato i genitori del piccolo attraverso gli avvocati Michele Sarno e Carmine Pepe, appena nato il bambino non sarebbe stato sottoposto subito ad una terapia per aiutare i suoi polmoni ad ossigenare e questo gli potrebbe aver causato un deficit psicomotorio. Il pm, che ha emesso nei confronti dei tre indagati la citazione diretta a giudizio, usa parole forti nel decreto parlando di «negligenza, imprudenza ed imperizia» nei confronti di Raffaele Petta, primario dell’Uoc gravidanza a rischio e diagnosi neonatale del Ruggi, della ginecologa Rosalia Musone e di Pierpaolo Cavallo, dell’omonimo centro di analisi cliniche.
Ma ricostruiamo esattamente la vicenda. La mamma del piccolo era stata seguita dal reparto di gravidanze a rischio durante la gravidanza a causa di due precedenti aborti spontanei causati da una incompatibilità dei gruppi sanguigni tra lei e suo marito. Incompatibilità che oggi, secondo quanto poi riferito dai periti dei due genitori, può essere superata con una trasfusione intrauterina: in pratica basta cambiare il sangue nel corpicino dei feto attraverso il cordone ombelicale. Cosa che, invece, non sarebbe stata eseguita nonostante tutti, nel reparto, fossero a conoscenza dei problemi della donna. «Nel contempo - si legge nella denuncia - le analisi ematiche effettuate presso il laboratorio Cavallo attestavano che la paziente era in buono stato e non vi era nulla di anomalo, anche per quanto concerne la isomunizzazione». Eppure il test specifico che avrebbe attestato l’esistenza di problemi dava esito positivo. Secondo i periti della Procura, i medici Giovanni Zotti e Giuseppe De Masellis, i test eseguiti dal laboratorio sarebbero invece risultati «falsamente negativi». Il 30 giugno del 2015, alle 11.49, nasce il piccolo, con parto cesareo e va in arresto cardiaco. Secondo quanto diagnostico dai medici del reparto di terapia intensiva neonatale, per una «gravissima anemia in utero». Ma soltanto alle 20.30 i sanitari del Ruggi contattano il Monaldi per il suo trasferimento a seguito di un peggioramento. Il piccolo viene autorizzato a lasciare l’ospedale salernitano soltanto alle 2.30 della notte. Una volta al Monaldi, gli è stato cambiato completamente il sangue, e il piccolo è stato riportato alla vita.
Per la Procura il Petta «a fronte del ricovero della donna e in considerazione dell’esito dell’esame diagnostico risultato positivo, con l’identificazione di specifici anticorpi ant D, non avrebbe indicato il corretto indirizzo diagnostico per il controllo della salute del feto». La Musone, invece, si sarebbe affidata ai soliti esiti dei quattro test di Coombs indiretti negati portati dalla paziente ed eseguiti presso il centro Cavallo «omettendo - si legge - di adottare un comportamento diagnostico specifico per controllare l’andamento dell’isoimmunizazine materno-fetale facendo eseguire nuovi test» e quindi «avrebbe omesso di effettuare una flussimetria dell’arteria cerebrale che avrebbe consentito di evidenziare la progressione e il peggioramento del quadro clinico del feto e della mamma». Cavallo, invece, avrebbe fornito «quattro erronei esiti negativi alla cliente» a causa di una errata interpretazione dei test impedendo poi al medico di avere un quadro clinico esatto.
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