Indiano ucciso sul lavoro a Eboli,
connazionale confessa: «Mi vessava»

Indiano ucciso sul lavoro a Eboli, connazionale confessa: «Mi vessava»
di ​Francesco Faenza
Venerdì 14 Settembre 2018, 12:23 - Ultimo agg. 19:09
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Ucciso con dieci coltellate al torace e al collo. Lakhvir Singh, indiano di 28 anni, è stato assassinato nella notte tra mercoledì e ieri in camera da letto. L'omicida è un suo connazionale. «Subivo le vessazioni di Lakhvir sul lavoro, non ce la facevo più» ha spiegato l'aggressore. I carabinieri di Eboli hanno fermato l'accoltellatore. Si tratta di Harmandeb Singh, 27 anni. L'uomo è accusato di omicidio volontario ed è stato trasferito al carcere di Salerno. I due connazionali hanno avuto una lite mercoledì scorso, poco prima di mezzanotte. Poi hanno bevuto. All'una di notte c'è stato un altro diverbio. Poco prima delle tre, Harmandeb ha afferrato il coltello da cucina e ha colpito Lakhvir mentre dormiva. «Sette - otto volte» è la versione del presunto assassino. Sarebbero invece dieci le ferite inferte sul corpo del 28enne.
 
La salma di Lakhvir è stata ricomposta e trasferita all'obitorio dell'ospedale di Eboli dove nei prossimi giorni si terrà l'autopsia. Vittima e carnefice vivevano nella stessa stanza e lavoravano nella stessa azienda bufalina. La società zootecnica si trova tra Cioffi e Campolongo, poco distante dal mare e dalla pineta. I carabinieri coordinati dal capitano Geminale hanno fermato Harmandeb pochi minuti dopo l'omicidio. La stanza da letto è stata isolata. Da Salerno, nella notte, sono giunti i reparti speciali del Sis che hanno proceduto ai minuziosi riscontri investigativi. «Ho ucciso Lakhvir perchè subivo continue vessazioni. Lui era il mio superiore gerarchico in azienda. Ero costretto a subire le sue pressioni e dovevo restare zitto», ha dichiarato Harmandeb al pm Guarino, titolare delle indagini. Assistito dall'avvocato Pietro Fasano, ha ammesso le sue responsabilità precisando di essere vittima delle pressioni fisiche e mentali di Lakhvir». Domani mattina, durante l'interrogatorio di convalida, l'avvocato Fasano chiederà i domiciliari: «È stato un delitto di impeto, non premeditato. Il mio cliente ha collaborato raccontando le vessazioni subite e indicando il punto esatto dove aveva gettato il coltello».

Spetterà ora al pm Guarino verificare la veridicità del racconto. Il 27enne sceglierà il rito abbreviato per ridurre la pena detentiva, inevitabile. Le ammissioni di colpevolezza e le prove raccolte dai carabinieri hanno portato le indagini a una rapida svolta. Ieri pomeriggio i sub dei vigili del fuoco hanno recuperato il coltello. Harmandeb aveva raccontato la verità sul luogo dove lo aveva gettato. Il pm ascolterà i titolari dell'azienda. La famiglia Capozzoli di Montecorvino Rovella, vive a Eboli da 40 anni dove gestisce l'attività. Il pm intende capire se le vessazioni erano reali o sono un alibi. Quello che sembrava un' amicizia tra connazionali potrebbe nascondere una relazione lavorativa da caporalato.
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