I furbetti della Campania
ora rischiano il posto di lavoro

I furbetti della Campania ora rischiano il posto di lavoro
di Adolfo Pappalardo
Domenica 19 Febbraio 2017, 09:54 - Ultimo agg. 13:10
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A Giugliano, praticamente, erano la metà dei comunali. A Salerno, all’ospedale Ruggi D’Aragona, erano un terzo dei dipendenti. Di ogni ordine e grado se a buggerare il badge, non marcando gli orari di entrata e uscita o facendo andare qualcun altro, erano amministrativi come infermieri, primari come prof universitari. Uno spaccato sociale perfetto dell’Italia dei furbetti del cartellino. E prima che ottenga l’ultimo via libera, la settimana prossima in consiglio dei ministri, la legge anti-furbetti firmata dal ministro Marianna Madia tenta di dare una stangata al fenomeno. Durissima. Nel frattempo si corre ai ripari. Come a Salerno, primo caso in Italia per un ospedale, dove la macchinetta marcatempo funziona ora solo con le impronte digitali.

Difficile farla franca. Altrimenti ci si arrangia come si può. Come a Nola dove a un dipendente refrattario a usare, diciamo così, correttamente il badge è stato imposto dai magistrati, su richiesta della polizia municipale, l’obbligo di firma presso il commissariato. Come un ultrà qualsiasi. Difficile licenziare ora mentre la nuova legge prevede come, entro 48 ore dall’accertamento della violazione, faccia partire la fine del rapporto. E tutto entro 30 giorni. Con l’aggravio di un accertamento della Corte dei Conti che può chiedere al reo anche i danni causati all’immagine della pubblica amministrazione. «Appare sufficientemente provato che i dipendenti dell’Azienda ospedaliera, abbiano tenuto comportamenti lassisti, in totale dispregio degli obblighi di servizio.

L’incrocio tra le risultanze degli appostamenti di videosorveglianza e i rilievi effettuati in sede di pedinamento, ha consentito l’agevole conclusione che i convenuti hanno preordinato e recidivato condotte assenteistiche, senza alcuna giustificazione relazionata all’adempimento delle mansioni», è scritto nella relazione, due giorni fa, del procuratore generale della Corte dei conti della Campania per l’inaugurazione dell’anno giudiziario della magistratura contabile, riferendosi al caso dell’ospedale di Salerno. Il più imponente, a guardare i numeri, di un andazzo ormai incontrollabile. In totale 840 assenteisti su 2848 unità lavorative totali. Di queste 215 posizioni sono state poi archiviate. Secondo il sostituto procuratore Francesco Rotondo, titolare di tutti i fascicoli sull’assenteismo (operazione «Just in time») al Ruggi, per quest’ultimi la richiesta è stata motivata per la «particolare tenuità» del fatto perché a carico di alcuni la contestazione era di un singolo episodi.


 







Ma in totale, facendo i calcoli tra l’inchiesta in ben 4 tranche coordinata dalla Guardia di Finanza oltre ai controlli incrociati dell’Azienda ospedaliera, è risultato come alla fine mancassero ben 79.300 giornate complessive di assenza (periodo 1 febbraio 2012 al 28 febbraio 2015). Numeri enormi. Ma in pochi, almeno per ora, hanno pagato. Appena 8 i licenziati. Compresa l’infermiera la cui foto scattata dalla Finanza e allegata agli atti è diventata l’emblema stesso dell’inchiesta: amoreggiava con un uomo sulla spiaggia di Vietri sul mare, confondendosi con le coppie di adolescenti che avevano bigiato la scuola..... Ma spesso il furbetto la riesce a passare liscia. Altro che licenziato. Prendi il caso Giugliano. C’era chi «strisciava» più badge, chi invece dopo averlo fatto usciva per sbrigare faccende e chi, ancora, andava a giocare al gratta e vinci.

È lo scenario tratteggiato dai carabinieri, l’ultima settimana di gennaio, notificando cinquanta avvisi di garanzia ad altrettanti dipendenti del comune per assenteismo.
Solo nella seconda tranche perché a settembre nei prodromi dell’inchiesta, gli indagati sempre per assenteismo erano 70. Un andazzo noto se sette anni fa l’ex sindaco della terza città più popolosa della Campania spese 100mila euro per installare un complicato sistema che prevedeva il riconoscimento dei dipendenti tramite l’impronta digitale. In pratica i lavoratori, ogni mattina, dovevano passare al vaglio di porte automatiche che si aprivano soltanto con l’apposizione dell’indice su un macchinario. Ma funzionò solo pochi mesi. Lamentele, mugugni sino a che qualcuno non staccò la spina dell’energia elettrica. E tanti saluti. Tanto nessuno paga e nessuno viene licenziato.



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