La roccaforte di De Luca sotto assedio: prima sconfitta in 25 anni, via al processo

La roccaforte di De Luca sotto assedio: prima sconfitta in 25 anni, via al processo
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 7 Marzo 2018, 06:47 - Ultimo agg. 13:57
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Inviato a Salerno

La parola d'ordine sembra essere non è successo niente. I risultati elettorali parlano anche qui di un crollo del Pd, di una solenne mazzata dello strapotere trentennale di Vincenzo De Luca, ma i suoi uomini, che gestiscono le redini della provincia salernitana, sminuiscono. E parlano di «sconfitta meno seria che altrove». Come il segretario provinciale del Pd, Enzo Luciano, naturalmente deluchiano di ferro, che dice, aggrappandosi ad un punto di percentuale in più conquistato dal suo partito rispetto alla media nazionale: «Abbiamo retto alla valanga della protesta che ha investito il voto nell'intero Paese. Un risultato che fa ben sperare, per una ripresa che dovrà essere soprattutto di riorganizzazione interna».

Un richiamo al serrare la fila. Di fatto, Piero De Luca, rampollo del governatore su cui puntava il Pd per stravincere da queste parti, è arrivato in Parlamento solo come capolista nella lista proporzionale del collegio di Caserta. Battuto a Salerno all'uninominale dai grillini, si lecca le ferite e, alla prima uscita nel suo comitato elettorale dopo la batosta, parla come fosse ancora ancora impegnato in un comizio.

Tutti i fedelissimi si stringono attorno al governatore. Nessuno tra quelli più in vista parla. Resta in silenzio e rimanda agli organi ufficiali del Pd, Fulvio Bonavitacola, alter ego di De Luca, il collaboratore di cui si fida di più e che consulta sempre. Non ha nulla da dire anche il sindaco Enzo Napoli, l'uomo che, secondo quanto tutti ripetono in città, sta preparando il terreno per l'elezione a primo cittadino dell'altro figlio del governatore, Roberto, ex assessore comunale al Bilancio.

Ma, anche se a Salerno il Pd si è attestato sul 19 per cento, la sconfitta c'è. Pesa però ancora poco sul territorio, dove i posti chiave del potere locale restano saldamente in mano a De Luca. È caduto anche il candidato che, dopo Piero De Luca, era la maggiore espressione del gruppo: Franco Alfieri, che ha raccolto 35mila voti non sufficienti rispetto ai 45mila di Marzia Ferraioli di Forza Italia. Lui, ora, se la prende con i suoi concittadini di Agropoli: «Da loro mi aspettavo un consenso maggiore». Poi, analizza il tracollo: «La mia candidatura, come quella di Piero De Luca, è stata oggetto di bombardamenti mediatici personali davvero pazzeschi».
 
Alfieri, già capo della segreteria di De Luca alla Regione, è il famoso candidato della «frittura di pesce» da offrire agli elettori. Ha pesato sulla sconfitta, quel riferimento? Lui lo nega, ma spiega: «Ha influito sulla mia immagine, dando un'arma in mano ai miei avversari politici. Ma ora dobbiamo ripensare al partito sul territorio, per riorganizzarlo».

Qualche boatos sussurra di «scarso impegno» in campagna elettorale dei due consiglieri regionali, già assessori comunali con De Luca sindaco: Franco Picarone e Luca Cascone, maligna qualcuno, avrebbero potuto fare di più. Ma nessuno lo dice mettendoci la faccia, né é possibile strappare una dichiarazione su queste insinuazioni da Nello Fiore, uno che nello staff vicino al governatore c'è da anni e viene considerato tra gli attivisti determinanti in ogni campagna elettorale.
Finita la De Luca dynasty, finita un'era, come urlano sulla loro pagina Facebook il gruppo dei «figli delle Chiancarelle» che unisce professionisti e oppositori di De Luca in città? Dice ancora il segretario provinciale del Pd, Enzo Luciano «Dobbiamo riorganizzarci e prendere le misure rispetto al segnale di queste elezioni. Non abbiamo nulla da rimproverarci, abbiamo presentato i migliori candidati possibili. Se dobbiamo ripensare a qualcosa è sulla comunicazione. Abbiamo fatto sapere poco quello che abbiamo realizzato, nelle diverse amministrazioni che gestiamo. A cominciare dai singoli Comuni».

Solo un problema di comunicazione o la vittoria dei grillini, anche a Salerno, è la spia di un potere deluchiano che vacilla? A sentire Piero De Luca non è cosi. Ma analizza Gigi Casciello, giornalista salernitano e neoparlamentare di Forza Italia: «Dall'esame preventivo di queste elezioni sapevamo che, dove sarebbe crollato il Pd come partito strutturato e organizzato, molti di quei voti sarebbero stati conquistati dal Movimento 5 Stelle ed e stato così anche a Salerno e provincia».

Tutti, però, considerano De Luca un'araba fenice che ha assorbito il colpo e già si prepara a reagire. Per il momento, nella famiglia ha parlato ufficialmente solo Piero De Luca. Ma ci si aspetta qualche dichiarazione pesante, nell'abituale appuntamento settimanale che il governatore tiene su Lira tv. Nel frattempo, i processi sono tutti interni e silenziosi. Di certo, alcuni dei capisaldi della macchina di voti deluchiana restano sempre l'assessore comunale Lino Savastano che, con la delega alle politiche sociali, ha contatti con tutto un mondo cittadino di periferia. E poi c'è il sicuro serbatoio di voti delle tre società partecipate: Salerno pulita, Salerno energia, Salerno mobilità. Chi è venuto meno? E' ancora troppo presto per una risposta. «Non è successo nulla di irreparabile» ripetono i fedelissimi del governatore. E incassano, per il momento, l'elezione di Piero De Luca e quel punto di percentuale in più rispetto alla media nazionale del Pd. C'è tempo per la riorganizzazione. Molti pensano che potrebbe partire proprio da uno degli sconfitti, come Franco Alfieri. Il prossimo obiettivo, tenendo saldamente in mano le leve della gestione comunale e regionale, resta la candidatura a sindaco di Roberto De Luca. Ci vuole tempo e c'è tempo per leccarsi le ferite. «Non è successo niente» ripetono al comitato elettorale di Piero De Luca. Ma sembra più un ordine di scuderia che la realtà. Quello che stupisce è come le truppe deluchiane si siano serrate attorno alla difesa di un'analisi che cerca di edulcorare la sconfitta. È il segretario provinciale Enzo Luciano delegato ad esporsi e fa calconi ragionieristici sulle percentuali e sugli eletti «grazie ai voti raccolti nella provincia di Salerno».

Appena un paio di anni fa, le file fino a tarda notte nei seggi per le primarie sul candidato alla Regione raccontavano di un mondo compatto attorno al «sindaco sceriffo» poi governatore. Oggi quelle immagini sembrano scricchiolare. Ma ragiona un deluchiano («niente nomi per carità»): «Se vogliamo dirla tutta, possiamo affermare che la mazzata si pouò riassorbire perchè questo è un territorio dove conta il radicamento, la riconoscibilità del politico.

E questa è per il governatore consolidata. Nessuno tra gli eletto del Movimento 5 Stelle può scalfire la capacità e la riconoscibilità di De Luca. Così, queste elezioni possono considerarsi una parentesi. Non la fine del Pd deluchiano».

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