Delitto Migliaro, carcere a vita
per lo stupratore killer

Delitto Migliaro, carcere a vita per lo stupratore killer
di ​Petronilla Carillo
Martedì 17 Gennaio 2017, 07:35 - Ultimo agg. 15:14
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Anna e Antonio Migliaro si sono stretti in un forte abbraccio con il loro difensore, l’avvocato Maria Gabriella Gallevi, quando i giudici della Corte d’Assise di Salerno hanno letto la sentenza di condanna. Ergastolo. Questa la pena che Ionut Alexa dovrà scontare per aver strappato alla vita il giovane Natalino Migliaro massacrandolo di botte la notte tra il 4 e il 5 ottobre del 2014 a Lido Lago di Battipaglia ma anche per aver violentato la sua fidanzata e aver tentato la rapina dell’auto. I giudici gli hanno riconosciuto, per l’assassinio di Migliaro, l’omicidio volontario e accolto tutte le richieste del pm Katia Cardillo. Commossa anche la ragazza che, quella notte, oltre ad aver subito la violenza, ha anche assistito al massacro del fidanzato.

Niente sconti, dunque, allo straniero che aveva puntato sull’abbreviato. Molto avrebbe pesato sulla decisione dei giudici della Corte d’Assise, l’efferatezza con la quale lo straniero ha picchiato la vittima, fino a provocargli la morte, e anche la futilità dei motivi. 

Anna Cioffoletti, la mamma di Natalino, ha pianto durante la lettura della sentenza, sorreggendosi al marito Antonio. Poi, nel ringraziare il proprio avvocato, i due genitori le hanno sussurrato: «Ma il nostro guerriero non c’è più». «Siamo molto soddisfatti della decisione della Corte - commenta l’avvocato Gallevi - anche se, ai genitori, resta il dolore per la perdita del loro figliolo. È stato un processo molto brutto. È stato difficile, soprattutto per la mamma di Natalino, ripercorrere quei momenti e guardare in faccia l’assassino di suo figlio il quale, neanche per un momento, ha avuto un attimo di pentimento». 

Una mancanza di pentimento sottolineata nella discussione anche dal pm Cardillo. E non solo. Ci sarebbe stato un momento in cui Alexa, nel corso di una delle ultime udienze, da dietro le sbarre della cella avrebbe anche minacciato tutti di morte: il pubblico ministero, gli avvocati e i giudici. Intanto il difensore del romeno, l’avvocato Mario Pastorino, ha annunciato che ricorrerà in Appello ritenendo non valide le prove del Dna, quelle che avrebbero incastrato il proprio assistito, in quanto non conservate secondo protocollo. Quella notte ad aggredire la coppia, che si era appartata in una stradina di campagna, sarebbero stati due uomini entrambi incappucciati. Forse i due avevano solo intenzione di rubare la Lancia Musa a bordo della quale erano i due fidanzati ma qualcosa non sarebbe andata per il verso giusto e la situazione è sfuggita di mano. Il complice Di Alexa, però, non è mai stato trovato. L’assassino sarebbe però stato incastrato dalla compatibilità tra il liquido biologico repertato sulla scena dell’omicidio ed il profilo genetico estrapolato dal suo stesso campione biologico. Esami eseguiti dal Ris di Roma. 
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