La santarella dei vicoli
come le dee pagane:
il rito della sedia magica

La santarella dei vicoli come le dee pagane: il rito della sedia magica
di Vittorio Del Tufo
Domenica 20 Gennaio 2019, 20:00 - Ultimo agg. 8 Ottobre, 18:20
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«Perché io sono la prima e l'ultima...
sono colei che dà la luce e colei che non ha mai partorito
Io sono la consolazione dei dolori del parto»

(Inno a Iside, III-IV secolo avanti Cristo, rinvenuto a Nag Hammadi)
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Si deve alla santarella dei Quartieri, dicono, se i vicoli si ripopolano. Quel piccolo luogo di culto, a due passi da via Toledo, è da sempre meta di pellegrinaggio delle partorienti. E la sedia dove la «santa dei Quartieri» trovava riposo e sollievo è diventata essa stessa un luogo di raccoglimento e di preghiera. La chiamano sedia della fertilità ed è considerata miracolosa.

La santa in questione era una figlia del popolo, si chiamava Anna Maria Rosa Gallo ma è nota con il nome di Maria Francesca delle Cinque Piaghe, cioè le stimmate che, secondo la Chiesa, ricevette come Padre Pio.
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Anna Maria era nata qui, ai Quartieri, il 25 marzo del 1715, a poca distanza dall'edificio ad angolo che sarebbe sempre rimasto legato al suo nome. Era la figlia di un piccolo commerciante, tale Francesco Gallo, proprietario di una merceria nel dedalo di viuzze. Un uomo dal carattere cupo, incline agli scatti d'ira. Quando non riusciva a tenerli a freno, a pagarne le conseguenze erano quasi sempre la moglie, Barbara, una donna devota e succube del marito, e lei, Anna Maria. Talmente paziente («Voglio offrire a Dio tutte le mie sofferenze per la salvezza delle anime», ripeteva sin da bambina) da guadagnarsi l'appellativo di «santarella». Anna Maria manifestò sin da bambina una fede profonda, incrollabile, tanto che i parenti non si stupirono più di tanto quando, all'età di sedici anni, comunicò l'intenzione di farsi suora. «Mamma, papà, devo parlarvi...».

Trascorse del tempo prima che il padre si lasciasse persuadere: Anna Maria, infatti, era stata promessa in sposa a un ricco giovane che ne aveva chiesto la mano. E poi il suo lavoro di tessitrice a domicilio serviva per mantenere l'intera famiglia, e rinunciare a quei guadagni sarebbe stata una follia. Ma lei, la santarella dei vicoli, di sposarsi non ne voleva proprio sentir parlare, e chiese l'intercessione di un Frate Minore francescano, Padre Teofilo, per superare le resistenze del riottoso padre.

Così Anna Maria Rosa Gallo divenne terziaria francescana e, prendendo i voti, scelse di chiamarsi suor Maria Francesca. Andò ad abitare in un minuscolo appartamento dove rimase fino alla morte, elargendo miracoli e profezie. Pare che avesse predetto l'avvento della Rivoluzione Francese con molti decenni di anticipo.
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Il quartiere Montecalvario, com'è noto, prende il nome da due chiese: la Chiesa di Montecalvario e quella della Concezione a Montecalvario, che all'epoca della loro costruzione erano frequentate dai militari di truppa spagnoli, acquartierati a monte di via Toledo. Oggi chi volesse chiedere una grazia alla «santa vergine delle stimmate» deve recarsi in vico Tre Re a Toledo e disporsi a un'attesa paziente. Nel minuscolo santuario è conservata la sedia della fertilità: è la stessa dove Maria Francesca trovava riposo e sollievo per le sue sofferenze. Molte aspiranti mamme, non solo napoletane, attendono anche ore pur di sedersi sulla sedia di Maria Francesca, considerata miracolosa, e chiedere la grazia del concepimento di un figlio. In una città in cui devozione e superstizione spesso camminano insieme, difficile evitare il rischio che tutto si riduca a una sorta di rito propiziatorio. Per questo motivo le suore avvertono: «È necessario innanzitutto avere fede, prima di avvicinarsi a questo luogo».

Nella chiesetta dei Quartieri si respira un'atmosfera magica. L'antropologo Marino Niola ha definito questa processione continua al sancta sanctorum della procreazione come l'ultimo rito di fertilità dell'Occidente. Prima del crepuscolo degli dei pagani, la preghiera della fecondità aveva un substrato misteriosamente arcaico. Si potrebbe dire che la santarella dei vicoli ha raccolto l'eredità delle Grandi Madri, signore delle nascite e dei destini appartenenti a religioni lontane. Come le greche Demetra, Afrodite, Artemide. Come Iside, la dea egizia della maternità, della magia e della fertilità. «O - spiega Niola - come le romane Lucina e Anna Perenna, la nutrice dell'universo, che veniva spesso invocata dalle donne senza figli. In questi riti il contatto fisico, spesso per sfregamento, tra il simulacro della divinità e il corpo della donna era ritenuto indispensabile per la concessione dell'agognata gravidanza». Esattamente come nel caso della sedia prodigiosa di Maria Francesca.
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Con la fine del paganesimo crolla un intero universo simbolico, la sacralizzazione della fertilità e del ciclo produttivo si trasferisce sulle Madonne cristiane e su figure realmente esistite e ancora oggi venerate, come Maria Francesca delle Cinque Piaghe. Molti anni dopo la sua beatificazione (12 novembre 1843) e canonizzazione (29 giugno 1867), la casa santuario di questa figlia dei vicoli è ancora un luogo di culto frequentatissimo dalle donne sterili che arrivano da ogni parte del mondo per chiedere la grazia della maternità, sottoponendosi a un particolare rituale al quale prendono parte, con le aspiranti madri napoletane, anche i turisti sempre a caccia di stereotipi di cui nutrirsi per rendere più suggestiva la trasferta a Napoli. In questa storia, insomma, tutto si fonde. Non solo sacro e profano ma anche superstizione, preghiera ed eredità ancestrale di antichi riti propiziatori.

La personalità di Maria Francesca delle Cinque Piaghe era straordinariamente complessa. In un articolo apparso su «Voci», annuale di Scienze Umane diretto da Luigi M. Lombardi Satriani, l'antropologa Helga Sanità sottolinea come «Maria Francesca ebbe una condotta eversiva rispetto alle regole ecclesiastiche. Ricevette in casa invece che in chiesa la vestizione di terziaria alcantarina a soli 16 anni, in deroga ai 40 previsti. Convisse per 38 anni con Don Giovanni Pessiri nella casa di quest'ultimo, oggi sede del Santuario che le è stato intitolato, dove, in deroga alle prescrizioni e ai divieti ecclesiastici, riceveva prelati, confessori, laici di ogni classe sociale. Si faceva chiamare suora e anche il suo abito non era conforme nella foggia a quello di bizzoca perché, come quello dell'ordine regolare francescano, era completo di velo, sottogola e pazienza».

Maria Francesca morì il 6 ottobre 1791 a 76 anni, e il suo corpo riposa nella casa-santuario di vico Tre Re a Toledo. Ai funerali partecipò una grande folla: quando la bara giunse davanti alla chiesa, fu presa d'assalto da chi voleva ad ogni costo una reliquia. Per evitare incidenti dovettero intervenire le Guardie del Corpo del Re.
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