Vaticano e Kabila ai ferri corti, allontanato il nunzio mentre il Congo precipita nell'inferno

Vaticano e Kabila ai ferri corti, allontanato il nunzio mentre il Congo precipita nell'inferno
di Franca Giansoldati
Martedì 20 Febbraio 2018, 16:58 - Ultimo agg. 21 Febbraio, 00:14
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Città del Vaticano – Santa Sede e Congo sono ai ferri corti mentre la situazione generale del Paese è sull'orlo di una crisi umanitaria. Il Vaticano nei giorni scorsi ha dovuto richiamare il nunzio apostolico argentino, monsignor Mariano Montemayor per avere preso le difese dei cattolici congolesi che, a dicembre, chiedevano il rispetto della democrazia e dei patti elettorali. I cattolici protestavano contro la permanenza al potere del presidente Joseph Kabila, il cui mandato è scaduto a fine 2016 ma non intende lasciare spazio ad alcuna trattativa, tanto che le manifestazioni sono state soffocate nel sangue. Al nunzio apostolico è costata cara una dichiarazione imprudente che esortava le diocesi a mobilitarsi massicciamente per una seconda manifestazione. Nel frattempo i vescovi del Paese hanno continuato a sensibilizzare l'opinione pubblica sia nazionale che internazionale mentre la situazione nel Paese sta precipitando.

L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, 
informa che un disastro umanitario di proporzioni straordinarie 
sta per colpire il sud est, nella provincia di Tanganyika dove dilaga la violenza 
che sta dando origine ad una spirale di violazioni dei 
diritti umani e di persone costrette alla fuga. 

A causa dei serrati combattimenti tra le comunità di Twa, Luba ed 
altri gruppi etnici si registrano violenze efferate e fughe di 
massa della popolazione in diverse aree della provincia; a queste 
si aggiungono i violenti scontri tra le forze armate e 
le milizie che continuano dalla fine di gennaio e la minaccia di 
seminare ancor più devastazione da parte di nuovi 
gruppi armati.

I racconti delle persone in fuga testimoniano una 
violenza efferata durante gli attacchi sferrati ai loro villaggi, 
con uccisioni, rapimenti e stupri. Nelle prime due settimane di 
febbraio nella regione di Tanganyika e agenzie umanitarie hanno 
registrato, circa 800 incidenti in materia di protezione, 
segnando un trend in forte crescita.

I vescovi congolesi chiedono «l’annullamento delle disposizioni che vietano manifestazioni pacifiche, che si intraprendano azioni legali contro coloro che hanno commesso crimini in occasione delle marce organizzate dal Comitato di coordinamento laico». Inoltre, chiedono di rendere credibile ed efficace l’autorità dello stato per salvaguardare l’integrità del territorio nazionale; di proteggere i confini e garantire la sicurezza della popolazione e delle sue proprietà. I vescovi invitano anche la commissione elettorale a rimuovere le ambiguità attorno alla macchina del voto accettando la sua certificazione da parte di esperti nazionali e internazionali». 
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