Il baratro della civiltà che va oltre i disservizi

di Vittorio Del Tufo
Domenica 20 Agosto 2017, 23:55 - Ultimo agg. 21 Agosto, 08:15
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«Mentre Antonio moriva, al pronto soccorso litigavano». Le parole di Raffaele Scafuri - il padre del ragazzo di 23 anni morto dopo aver atteso quattro ore (in codice rosso) che dal Loreto Mare qualche anima buona si decidesse a caricarlo su un’ambulanza e trasferirlo in un altro ospedale per eseguire una Tac - pesano come macigni e interrogano la coscienza di tutti. Quelle parole raccontano molto più di una tragedia personale e familiare, o di un destino cinico e baro che sembra essersi accanito contro un ragazzo di Torre del Greco di professione barbiere rimasto vittima di un incidente stradale. Se la denuncia dei familiari di Antonio trovasse conferma ci troveremmo davvero di fronte - come ha già ammesso, denunciando l’accaduto, il responsabile del pronto soccorso del Loreto Mare - a un fatto di una gravità inaudita, ovvero a una «superficialità di comportamento e un disprezzo per la tutela dell’utenza ancora prima dell’inosservanza dei più elementari doveri professionali». Quattro ore di attesa, in barella e in imminente pericolo di vita, per effettuare un esame in quel momento di straordinaria importanza; ritardi (e liti) che si sommano a ritardi (e liti) perché «non vi era accordo su quali infermieri avrebbero dovuto eseguire il trasferimento»; un padre infuriato e in lacrime che cerca invano di mettere fretta al personale sanitario; infine un’ambulanza che parte, ma fuori tempo massimo e «priva di rianimatore» quando ormai con ogni probabilità la situazione è compromessa.

La gravità della doppia denuncia - del responsabile del pronto soccorso del Loreto Mare e del padre di Antonio - è tale da richiedere accertamenti immediati, a tutti i livelli, per fare chiarezza sull’episodio e restituire serenità a tutti coloro che hanno il diritto di entrare in un pronto soccorso senza trovarvi una giungla, o fazioni contrapposte di camici bianchi, ma livelli di assistenza - e di umanità, prima ancora - degni di una città normale e di un paese civile. Il ministro Lorenzin ha già inviato una task force al Loreto Mare per accertare quanto accaduto. Saranno gli ispettori del ministero, gli inquirenti della Procura e l’indagine della Asl a distinguere le singole responsabilità e stabilire se la vita di Antonio poteva essere salvata. Se quanto descritto nella denuncia venisse confermato, è del tutto evidente che i comportanti omissivi e negligenti del personale sanitario che ha preso in consegna il ragazzo non potranno essere tollerati né derubricati a semplice «disattenzione». Ci troveremmo di fronte a gravissime violazioni deontologiche che richiederebbero provvedimenti punitivi esemplari. C’è un filo, tutt’altro che invisibile, che unisce quanto accaduto la notte tra il 16 e il 17 agosto al Loreto Mare con lo stato comatoso in cui versano molti ospedali cittadini, prossimi al collasso. Però va anche detto che di fronte a episodi del genere vale poco urlare alla luna e puntare l’indice contro la disorganizzazione dei reparti, l’inadeguatezza dei manager o la carenza di risorse. Qui le risorse non c’entrano. Un lavoro altamente specializzato come quello nei fronti caldi dei pronto soccorso richiede - innanzitutto - un impegno e una dedizione totali, senza se e senza ma, nervi saldi e comportamenti esemplari (o quanto meno decenti) sul piano dell’umanità e della correttezza dei rapporti tra personale e utenti.


Poi ci sarà, ovviamente, tempo e modo per tornare a parlare del disastro della sanità in Campania, della rovinosa posizione della nostra regione nella classifica dei livelli essenziali di assistenza (Lea), delle duplicazioni inutili, delle formiche sui letti, degli sprechi e delle barelle, dei ritardi sul fronte delle diagnosi precoci, dei furbetti del cartellino - che proprio al Loreto Mare sono stati al centro di una clamorosa inchiesta nei mesi scorsi - e, in definitiva, di una qualità dell’assistenza che in Campania viaggia da tempo al di sotto dei livelli di guardia.
Ci sarà tempo e modo per chiedersi come sia stato possibile che negli ultimi anni, anziché risalire la china, la sanità campana si sia inabissata al di sotto di tutti gli standard e i parametri nazionali. Il caos organizzativo, e gli ospedali sovraffollati spesso oltre il limite della decenza sono problemi seri, concreti, drammatici, che il commissario alla sanità (e governatore) De Luca ha il dovere di affrontare con somma urgenza, calando la scure, se necessario, e senza guardare in faccia a nessuno. Ma ben oltre tutto questo la morte di Antonio rischia di consegnare all’assistenza ospedaliera in Campania - agli occhi dell’opinione pubblica e dell’intero paese - un primato assai meno contabile e più imbarazzante: quello della vergogna.




 
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