Carceri, il cappellano napoletano:
«Vicini a tutti, anche ai pedofili»

Carceri, il cappellano napoletano: «Vicini a tutti, anche ai pedofili»
Lunedì 22 Ottobre 2018, 19:05
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La pedofilia è una piaga ed «è giusta la tolleranza zero. Ma chi ha commesso un reato di pedofilia per noi è come gli altri, ha bisogno del nostro sostegno, non possiamo fare distinzioni». A parlare è don Raffaele Grimaldi, Ispettore Generale dei Cappellani delle Carceri italiane, i sacerdoti che passano la loro vita dietro le sbarre per portare una parola di conforto a chi sta scontando una pena.

«Sono tutte uguali per noi le persone che sono in carcere e noi siamo chiamati a dare loro sostegno. Spesso chi è in carcere perché ha abusato di un minore viene isolato, anche dagli altri detenuti. E per i sacerdoti che hanno commesso questi reati il dramma è ancora più grande perché sono davvero abbandonati da tutti», dice in un'intervista all'ANSA don Grimaldi, che per 23 anni è stato cappellano del carcere di Secondigliano, a Napoli. Con questa attenzione alle vittime, ma anche a chi ha sbagliato, il Convegno Nazionale dei Cappellani e degli Operatori Pastorali nelle Carceri, che si è aperto oggi pomeriggio a Montesilvano (Pescara), prevede la testimonianza di don Fortunato Di Noto, da molti anni impegnato nella lotta alla pedofilia e alla pedopornografia. I cappellani che operano nelle carceri italiane sono attualmente 240 «ma ci sono anche tanti religiosi e volontari laici che condividono la loro vita con le persone che hanno sbagliato e che stanno scontando una pena». Una pastorale difficile - alla quale è particolarmente attento Papa Francesco - ma che sa aprire i cuori pur in contesti complicati. «Siamo accolti da tutti, anche da detenuti di altre fedi perché ci vedono come un punto di riferimento», spiega don Raffaele aggiungendo che quel legame in alcuni casi continua nel tempo «perché una volta usciti dal carcere queste persone sono estremamente fragili, in qualche modo restano 'marchiatè e hanno enormi difficoltà di reinserimento. Noi ci siamo anche dopo ma non basta». L'evento di questi giorni organizzato dai cappellani degli istituti penitenziari vuole dunque essere un appello al mondo che è fuori le sbarre.

«Chiediamo a tutti, a partire dalle istituzioni, ma anche agli altri, alla società civile, alle stesse comunità parrocchiali, di non lasciarci soli.
Nessuno deve chiudersi perché queste persone hanno diritto ad un'altra possibilità, ad essere accolte. È difficile recuperare la persone se vivono in ambienti che non li accolgono». In questa volontà di collegamento tra chi è negli istituti penitenziari e il mondo esterno si inserisce anche l'iniziativa 'Liberi nell'artè dedicata ai detenuti nell'ambito del Sinodo dei vescovi sui giovani. Spettacoli e momenti di confronto, che si tengono in questi giorni, hanno fatto sì che il Sinodo 'entrassè nelle carceri. Don Raffaele Grimaldi spiega: «Si entra nelle carceri per portare uno spiraglio di luce e di libertà. Un'azione questa che, con tale iniziativa, diviene anche un aiuto concreto finalizzato al reinserimento. Infatti ci sono anche borse lavoro e di studio istituite all'interno del progetto hanno l'obiettivo di favorire processi di integrazione».
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