Anno scolastico in bilico, il 60% delle scuole italiane a rischio: la rivolta di sindaci e presidi

Anno scolastico in bilico, il 60% delle scuole italiane a rischio: la rivolta di sindaci e presidi
di Francesco Pacifico
Martedì 28 Agosto 2018, 07:30 - Ultimo agg. 14:51
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Ad Amatrice, nella notte del terremoto del 24 agosto 2016, l'unica parte rimasta in piedi del plesso omnicomprensivo Romolo Capranica è stata quella costruita nel 1936. Quella innalzata nel 2012, certifica e considerata sicura dal Comune, si è sbriciolata miseramente. Un anno dopo, complice una forte grandinata, all'Istituto tecnico industriale Alessandro Volta di Aversa il tetto della palestra è crollato, mentre una classe faceva ginnastica. Non ci sono stati feriti ma la struttura - le indagini della magistratura sono ancora in corso - era reputata stabile dalle autorità competenti. Lo scorso maggio, un'ora prima che suonasse la campanella, a Fermo è franato il tetto di un'aula. Quello stesso tetto era stato consolidato dopo i sismi del 2016 e del 2017 nelle Marche. I tecnici della Provincia e della Protezione civile erano certi che non avrebbe dato problemi.

Potrà sembrare cinico, ma la sicurezza delle scuole italiane è una lotteria. Anche quando dovrebbero essere solide, cascano. L'associazione nazionale presidi parla di un incidente a settimana. Perché servirebbero almeno cento miliardi per sistemare le cose. Perché stando all'ultima anagrafe dell'edilizia scolastica del ministero dell'Istruzione - ma i numeri sono parziali - su 42.408 edifici presenti sul territorio nazionale, il 10 per cento è stato è costruito prima del 1919, il 60 prima del 1971, il 37 per cento è situato in zone a rischio sismico (soltanto 15mila sono nelle pericolosissime zone 1 e 2) o a rischio idrogeologico. Soltanto il 12,3 per cento è stato innalzato con tecniche antisismiche, mentre il 43,8 necessita di manutenzione. Una chimera, poi, i controlli: appena il 32 possiede certificazioni statiche, il 66 ha il bollino per un buono stato igienico-sanitario.
 
Oltre il 60 per cento di questi stabili sono nel Mezzogiorno. Legambiente, partendo dai dati dell'anagrafe del Miur, ha calcolato che in Campania il 65,1 per cento degli edifici è stato costruito prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica del 1974: solo il 19,8 è su questo versante in regola, mentre la verifica antisismica è stata effettuata nel 28,3 dei casi. Il 59,3 necessita di manutenzione, il 90,5 per cento è in aree a rischio terremoto, nemmeno lo 0,02 dei solai è stato controllato. Soltanto a Napoli e provincia, su 2mila scuole censite, sono 151 quelle reputate sicure.

In Puglia il patrimonio immobiliare è «giovane», per la metà è stato costruito dopo il 1974, ma questo non ha evitato circa 115 crolli nell'ultimo quinquennio e il fatto che il 57 per cento degli edifici non possegga la certificazione di agibilità. In Calabria il 74,4 per cento dei plessi va risistemato, soltanto 15,5 garantisce vulnerabilità sismica. In Sicilia circa un terzo degli istituti è stato realizzato seguendo le norme contro il rischio terremoti o è stato oggetto di manutenzione.

Mettere in sicurezza o costruire una scuola in Italia non è facile. Il Comune (competente fino alle medie) o le Aree metropolitane (per le superiori), se sono capaci, fanno il progetto, lo presenta alla Regione, che a sua volta lo gira al governo, fino alla scorsa legislatura all'Unità di missione Italia Sicura della presidenza del Consiglio, ora direttamente al Miur. Poi livello nazionale e governatori ripartono i fondi necessari per finanziare i sindaci secondo le graduatorie stabilite dalle stesse regioni nella programmazione triennale. Nel monte risorse non mancano poi stanziamenti straordinari o quelle garantite attraverso i mutui calmierati dalla Bei, accesi sempre dalle Regioni.

Risultato? Denuncia Achille Variati, presidente dell'Unione delle province italiane: «I soldi vengono stanziati dallo Stato tramite i Governatori a Comuni e aree metropolitane con un anno di ritardo. Poi gli enti, visto la mancanza di fondi e personale, ci mettono altri due anni per fare le gare e far partire i cantieri. Soltanto a noi Province servirebbero tra i 12 e i 15 miliardi. Invece dobbiamo fare i conti con le Regioni che danno tutto alla scuola dell'obbligo: il Lazio ha destinato alle superiori soltanto lo 0,62 per cento delle risorse, la Liguria l'1,31, la Puglia il 3,78, il Veneto il 4,80».

Ance e Cittadinanza attiva hanno calcolato che servirebbero almeno 40 miliardi di euro per la sola messa in sicurezza. Un ex tecnico della struttura di missione ItaliaSicura aggiunge che «la cifra sale a 100 miliardi, se si vuole pure ricostruire». Soltanto in Campania, all'ultimo bando per chiedere stanziamenti, i Comuni hanno presentato 900 progetti, che varrebbero 2,3 miliardi. Intanto ogni anno - quando va bene - si impegna per le scuole poco meno di un miliardo. La programmazione 2018-2020, per esempio, stanzierà 1,7 miliardi.

Se non bastasse, va aggiunto che i numeri dell'Anagrafe vanno presi con le molle. Perché come spiegano dal Miur, «l'Anagrafe al momento non è affidabile: i sindaci non aggiornano i dati sulla piattaforma creata ah hoc. Tra l'altro, una recente sentenza della Corte di Cassazione, impone che non si possa intervenire se è un edificio non è antisismico al 100 per cento. In caso contrario ne rispondono per danno erariale sia il sindaco sia il dirigente scolastico. Che non hanno alcun interesse a denunciare la cosa».

Il nuovo ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, portando tutte le competenze in viale Trastavere, ha per prima cosa chiesto alle Regioni di aggiornare i dati. In quest'ottica la Campania ha implementato un sistema di calcolo con le maggiori cinque università del territorio. Soprattutto il ministro sta studiando un fondo rotativo da un miliardo per ampliare le risorse già previste e ha pronto un decreto per accelerare le procedure di pagamento. Al riguardo, in questo testo, ha anche rivisto i criteri per decidere la priorità degli interventi. Quando nelle bozze si è scoperto che sarebbe stata decisiva la spesa effettiva dei soldi stanziati, la Campania ha minacciato il veto.

Proprio Palazzo Santa Lucia è nel mirino di altre regioni del Nord (Piemonte e Liguria) perché tra programmazione 2015-2017, integrazioni del governo e fondi europei ha incassato il 15 per cento del monte totale (circa 600 milioni, girati per 450 ai Comuni e 150 alle Aree metropolitane).

Nonostante questa massa di soldi e le spinte della giunta, sono stati finanziati circa 160 progetti a favore di sindaci e presidenti di Provincia. Di questi soltanto il 40 per cento è operativo.

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