Fondi alle Università, il ministro Bussetti apre ai prof

Fondi alle Università, il ministro Bussetti apre ai prof
di Gianni Rinaldi
Mercoledì 14 Novembre 2018, 11:00
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Fondi all'università, i docenti incalzano il governo nelle ore cruciali per la definizione della legge di Stabilità targata 2019. Oltre alla base dei prof e dei ricercatori italiani, che si sta facendo sentire attraverso il movimento per la dignità della docenza universitaria, arriva al Miur anche la freccia lanciata dalla conferenza dei rettori presieduta dal napoletano Gaetano Manfredi, che punta suoi giovani ricercatori e su un graduale processo di semplificazione della burocrazia interna. Il ministro Marco Bussetti intanto non resta a guardare e batte un colpo, accoglie le istanze e apre ad un impegno volto a sbloccare lo stallo in cui è caduto il sistema accademico italiano.

Incalzato dal corpo docente delle università italiane che ha messo circa 10mila firme in calce ad una lettera inviata al Governo, pungolato dalla Crui che pone temi di rinnovamento e di gestione degli atenei, il ministro Bussetti lancia un messaggio distensivo al mondo accademico, ma senza entrare nel dettaglio delle possibili azioni da intraprendere.

«Il Governo ha ben presente l'importanza del tema del finanziamento al sistema universitario - dichiara il numero uni del Miur - Per questo siamo fortemente impegnati per trovare maggiori risorse. In particolare intendiamo garantire una concreta possibilità di carriera, sia ai ricercatori a tempo determinato che a quelli a tempo indeterminato. Il sistema accademico italiano è fra i migliori al mondo e merita fondi adeguati e la dovuta attenzione. Non li faremo mancare». Le ultime parole suonano come un impegno che il ministro prende nei confronti dei docenti ma soprattutto dei ricercatori, che piano piano cercano di farsi strada nelle università italiane.
 
Le istanze della Crui, a differenza di quelle dei prof, puntano sia al ringiovanimento del corpo docenti, ma anche allo snellimento delle procedure burocratiche necessarie alla gestione delle università, giudicate dalla conferenza eccessivamente complesse. «Anche noi rettori siamo professori e appoggiamo il pressing fatto sul governo per ottenere maggiori fondi per le nostre università commenta il presidente Manfredi, rettore della Federico II Abbiamo avanzato delle priorità al Miur, due punti da cui partire per mettere mano ad un rilancio delle università italiane. In primo luogo servono fondi per i ricercatori. Il reclutamento dei giovani è la linfa vitale dell'insegnamento e della ricerca. Il ricambio generazionale è necessario e per questo, pur essendo legittime tutte le altre richieste, assumere e stabilizzare i ricercatori è la base da cui aprire ogni altro ragionamento. In secondo luogo le università devono essere gestite con procedure trasparenti ma nettamente più semplici. La burocrazia ci complica la vita e a cascata incide sull'efficienza dei nostri atenei. Queste due richieste sono state avanzate al governo, speriamo che nella legge di Stabilità si sblocchi qualcosa».

Durante lo sciopero che nel 2017 fece saltare centinaia di sessioni d'esame ci fu un aspro scontro tra la Crui e le sigle di rappresentanza del corpo docente, su come gestire la protesta e su chi dovesse intavolare una trattativa con l'esecutivo. A distanza di un anno il governo è cambiato ma gli interlocutori di categoria no. La posizione di Manfredi e della Crui rispetto alla prospettiva di uno sciopero resta inalterata: «Come detto in diverse occasioni la protesta dei professori è legittima e va attuata anche attraverso gli scioperi. Quello che mi aspetto da rettore è che non venga in alcun modo leso il diritto allo studio degli iscritti alle università. Gli studenti vengono prima di tutto, quindi ogni forma di sciopero dovrebbe partire da questo principio». La commissione per lo sciopero ha nel frattempo valutato come legittima la possibilità di saltare degli appelli di esame, ma solo qualora ne venga garantito un numero minimo sia a sessione che in tutto l'arco dell'anno accademico.

Duecentotrenta milioni per stabilizzare l'esercito di oltre 4mila ricercatori che hanno diritto a una carriera. Ma a questi si dovrebbero aggiungere i 4mila concorsi per ordinari e i seimila per associati. Un pacchetto da quasi un miliardo di euro a cui però andrebbero decurtati i pensionamenti. Cifre impossibili da raggiungere in una sola legge di Stabilità, per questi tutti concordano con la necessità di iniziare dai ricercatori precari che hanno diritto sia ad una stabilizzazione professionale ma che al tempo stesso rappresentano il futuro delle nostre università.
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